Addio a Quinto Gambi, l'uomo che ispirò "Er Monnezza"

Il mondo del cinema piange la morte di Quinto Gambi, l'uomo che ispirò "Er Monnezza", il personaggio interpretato da Tomas Milian

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Quinto Gambi, l’uomo che ispirò “Er Monnezza” è morto. A pochi mesi dall’addio a Tomas Milian, suo grande amico, è scomparso anche il “vero Monnezza”. Gambi, detto “er pesciarolo” perché aveva un banco di pesce al Trionfale, viveva a Tor Marancia, celebre quartiere di Roma.

Classe 1933, Gambi, detto “er patata”, è spirato all’età di 84 anni. A cambiare la sua vita fu l’incontro con Tomas Milian, avvenuto nel 1966 al Piper, nota discoteca della Capitale. A incuriosire entrambi da subito fu la loro grande somiglianza fisica. “Fu un colpo di fulmine – ha svelato Gambi qualche tempo fa in un’intervista -. Ci siamo incontrati al Piper. Stavo incollato a una cubista. A un certo punto incrociamo lo sguardo, lui stava con la moglie e un po’ d’amici. Mi vede, mi manda a chiamare, mi scruta bene e sgrana gli occhi. Abbiamo cominciato a frequentarci, ma mica lo sapevo all’inizio che lui voleva diventare me…”.

Insieme hanno girato oltre venti film, in cui Gambi aveva il ruolo di controfigura di Tomas Milian. “Er patata”, così come era conosciuto a Roma, ha anche il merito di aver insegnato all’attore a comportarsi come un vero ragazzo di borgata. Da lui aveva appreso come fare a botte, come mangiare gli spaghetti con gli occhi spalancati e come sputare.

“Sono nato nel ’33, l’anno della guerra. Segno Scorpione – aveva raccontato Quinto Gambi, parlando della sua vita -. Borgata Tor Marancia che tutti chiamano Shangai perché quando piove si allagano le buche e anche quando non piove si vive tutti stretti, ma così stretti, come i cinesi, appunto. La mia famiglia aveva un banco del pesce al Trionfale. Mio nonno si chiamava – aveva aggiunto – il Patata, mio padre si chiamava il Patata e io da piccolo il Patatino. In famiglia c’era un sacco di gente, i miei genitori, i nonni, un fratello, due sorelle. Io sono il più piccolo, l’ultima scolatura. Era una bella famiglia e non ci mancava niente. Come diceva mio padre: non mi sono mai comprato casa, ma neanche me la sono mai venduta”.

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