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Chichén Itzà: alla scoperta del complesso archeologico Maya

Tra rovine e leggende, lo storico complesso Chichen itza offre a chiunque si appresti a scoprirlo una storia ricca di leggendarie tradizioni e suggestivi spettacoli

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Nella penisola dello Yucatan (Messico) si trova l’importante complesso archeologico Maya denominato Chichén Itzà, le cui rovine si estendono in un area di circa 3 chilometri quadrati. Tra il VI e l’XI secolo fu uno dei più importanti centri della civiltà Maya, tra le cui rovine oggi possiamo trovare il tempio dei Guerrieri, il Caracol, la pedana dove venivano sacrificati i vincitori, l’ossario e la famosissima piramide di Kukulkan.

Inoltre a pochi metri dal sito, si può trovare il cenote sacro, un pozzo naturale profondo 22 metri in cui i Maya immolavano le vergini di 12 – 13 anni al Dio della Pioggia Chaac con un rito decisamente brutale.

La scoperta di resti che hanno dato prova di questi sacrifici umani è stata fatta nel 1904 dal console Edward Herbert ThompsonChichén Itzà, dal 1998 dichiarato patrimonio dell’Unesco, nel 2007 è stato annoverato tra le sette meraviglie del mondo moderno; proprietà federale dello stato del Messico, è amministrato dall’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia.

El Castillo

La Piramide maya-tolteca dedicata al re eroe Kukulkan è anche denominata El Castillo, è un monumento con base quadrata di 55 metri di lato, alto 30 metri, ha 4 scalinate con parapetti decorati da serpenti piumati e colonne a forma di serpenti a sonagli che sostengono con la loro coda un architrave.

Durante l’equinozio di primavera, le luci del tramonto sembrano ricreare un effetto ottico in cui il serpente piumato pare muoversi sulla scalinata della piramide, nella quale sono presenti anche effetti acustici molto suggestivi ogniqualvolta i visitatori, su suggerimento delle guide, battono le mani. I suoni udibili, molto probabilmente furono concepiti dai Maya per simulare il verso del Quetzal, l’uccello sacro alla loro religione.
L’Equinozio di Primavera coincideva con il calendario Maya con il ritorno di Kukulkan dal cielo, il re eroe che ogni anno in quel periodo veniva celebrato come un dio che rinasce. Non si conosce bene la data precisa in cui avveniva l’equinozio, ma si è ipotizzato che la data coincidesse, nel calendario tradizionale, con l’8 giugno 8498 a.C.

Il serpente

Il serpente era un motivo ricorrente nella civiltà Maya (tanto che Chichén Itzà è conosciuta anche come città del serpente), e la bellezza per questa popolazione era proprio assomigliare al Dio-Serpente. Per questo i Maya sacrificavano al dio della pioggia Chaac vergini di 12-13 anni che venivano preparate all’immolazione con una procedura molto brutale proprio per farle somigliare al serpente cui erano tanto devoti.

La loro testa veniva stretta da due tavole di legno tenute insieme da una corda per favorire l‘allungamento del cranio, i denti venivano limati per renderli appuntiti, e per ricreare lo strabismo di questo animale veniva messa loro una piccola pietra al centro degli occhi. Una volta adolescenti, venivano abbigliate con una veste molto pesante in oro e gemme e drogate con un fungo allucinogeno prima di essere gettate nel Cenote, pozzo sacro di circa 22 metri di profondità.

Questo sacrificio non rappresentava un’umiliazione per le ragazzine, ma veniva considerato un matrimonio tra loro ed il Dio Chaac, per favorire l’abbondanza delle piogge e scongiurare la siccità che molto spesso in quelle zone pregiudicava i raccolti.

Il solstizio d’inverno

Il solstizio d’inverno a Chichén Itzà si verifica il 21 dicembre di ogni anno, quando il sole, posizionandosi ad ovest del sito, farà sì che l’ombra del margine della piramide sito a nord-ovest formi sui suoi gradini un gioco di luci e ombre che illuminerà la scala dando l’impressione di un enorme serpente in movimento, secondo la leggenda il dio Kukulkàn che scende verso la terra.

Nel 2012 il solstizio d’inverno ha fatto diffondere l’opinione comune che secondo il calendario Maya il mondo si sarebbe concluso proprio in corrispondenza del 21 dicembre, il che ha sollevato paure, perplessità, scetticismo ma anche moderni riti propiziatori; in realtà non si è trattato di una fine del mondo vera e propria, ma di una sorta di rinnovamento mondiale con valore simbolico e soprattutto legato alla tradizione e alle credenze dei Maya.

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