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Dramma Chapecoense: Neto aveva sognato tutto

Le rivelazioni del medico che sta assistendo i sopravvissuti al disastro aereo.

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E’ incredibile la rivelazione fatta dal medico della Chapecoense, Carlos Mendonca, che sta assistendo in un ospedale a Medellin i superstiti dell’incidente aereo del 29 novembre scorso, in cui sono morte 71 persone, tra cui 19 calciatori del club brasiliano.

In conferenza stampa il dottore ha parlato delle condizioni di Neto, che solo pochi giorni fa, dopo essersi svegliato dal coma, aveva chiesto quale fosse il risultato della finale di Copa Sudamericana che la Chapecoense doveva giocare.

Ora il ragazzo sa tutto: “In queste ultime ore si stava rendendo conto di avere troppe escoriazioni sul corpo – ha dichiarato il medico -, sulle mani e le gambe e cominciava a sospettare qualcosa. Neto faceva continue domande alla moglie ma lei non poteva rispondergli e questo era diventato ormai un peso. Suo padre mi ha detto che la situazione era arrivata davvero al limite, e allora d’accordo con la psicologa abbiamo deciso di dire la verità al ragazzo. Ho parlato con lui per due ore. Ora è molto triste ma sono sicuro che si riprenderà perché è un ragazzo davvero forte”.

Poi la rivelazione: “Probabilmente, quando potrà, ve lo dirà lo stesso Neto: ha fatto un sogno il giorno prima della partenza- sono le sorprendenti parole di Mendonca -. Ha sognato che l’aereo su cui si trovava stava cadendo, una cosa drammatica, al punto che poi ha detto alla moglie che non voleva più viaggiare. E adesso non fa che ripensarci, perché l’incubo è diventato realtà”.

Drammatica anche la testimonianza di un altro sopravvissuto, il giornalista Raphael Henzel, che a Rede Globo ha ricordato gli ultimi istanti del volo: “Nessuno ci ha mai detto nemmeno di allacciare le cinture. Continuavamo a chiedere quando saremmo atterrati e ci rispondevano sempre ‘ancora dieci minuti’. Poi di colpo si sono spente le luci e i motori. Qualcuno è corso a sedersi al suo posto, io ero fra due colleghi, dietro di me c’era la hostess sopravvissuta. Quando ho visto la sua faccia ho capito che le cose andavano male. Ma non c’è stato vero panico, solo un terribile silenzio. Poi mi sono svegliato vedendo delle luci di alcune torce. Ho urlato perché mi venissero a prendere, ero bloccato fra due alberi. Lì mi sono anche reso conto che i due colleghi fra i quali viaggiavo erano morti”.

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