Ettore Scola: il regista del popolo che parlava al popolo

Ettore Scola è stato l'ultimo esponente di una meravigliosa generazione di uomini capaci di raccontare, con l'arte del cinema, l'Italia al proprio popolo

26 Gennaio 2016

Maestro del cinema italiano e regista di fama internazionale, Ettore Scola è stato uno dei pochi narratori dell’Italia del dopoguerra a mettere d’accordo pubblico e critica. Ha diretto alcuni dei più grandi capolavori del nostro cinema, collaborando con i migliori attori nostrani dei magici anni ’60, ’70 e ’80: da Sordi a Gassman, da Mastroianni a Sofia Loren, passando per Manfredi e Troisi. Ha filtrato con i suoi occhi e il suo animo un pezzo di storia che ci appartiene. E ce lo ha raccontato, mentre lo vivevamo, con acutezza, ironia e un pizzico di malinconia.

Nato in provincia di Avellino nel 1931, si trasferisce ancora in fasce a Roma con la sua famiglia. Cresce dunque nella Capitale, dove frequenta il Liceo Classico e successivamente la facoltà di Giurisprudenza. Già a 15 anni collabora con la rivista umoristica Marc’ Aurelio, rivelando la propria voglia di raccontare.

Negli anni ’50 collabora con la Rai, nella scrittura di testi per trasmissioni radiofoniche e televisive. In questa fase conosce Alberto Sordi col quale realizzerà, dopo aver esordito alla regia nel 1964, il suo primo successo cinematografico: “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?” è del 1968, e fra gli attori c’è anche Nino Manfredi.

Gli anni ’70 del cinema italiano sono colmi dei suoi capolavori. Nel 1974 dirige “C’eravamo tanto amati“, in cui racconta la vita, le speranze e le disillusioni dell’Italia dalle radici partigiane attraverso le vicende di tre amici, interpretati da Nino Manfredi, Vittorio Gassman e Stefano Satta Flores. Del 1976 è “Brutti, sporchi e cattivi” (Premio Miglior Regia al Festival di Cannes), del 1977 “Una giornata particolare” e “I nuovi mostri“, in cui firma sei episodi. I suoi film, ricchi di ironia e farciti di malinconia, spingono lo spettatore (e l’Italia) ad un’analisi interiore che lo rende il vero protagonista.

Nei film degli anni ’80 la disillusione sembra prevalere sulla speranza. Nel 1980 dirige Ugo Tognazzi nel film “La terrazza“, nel 1982 è la volta de “Il mondo nuovo” e nel 1987 dell’ennesimo capolavoro e successo di critica e pubblico: “La famiglia” ripercorre un secolo di storia italiana tramite il percorso di una famiglia. Nel 1988 e nel 1989 realizza due film con Troisi e Mastroianni, rispettivamente “Splendor” e “Che ora è?“. In questo decennio vince cinque David di Donatello e riceve due nomination al Premio Oscar.

Dopo un decennio di pausa, ritorna nelle sale nel 1998 con “La cena“, con Vittorio Gassman e Stefania Sandrelli. Nel 2011, in occasione dei suoi 80 anni, viene omaggiato con il David di Donatello alla carriera. Si spegne il 19 gennaio 2016 nel reparto di cardiochirurgia del Policlinico di Roma, ultimo rappresentante dell’epoca d’oro del cinema italiano.

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