Intervista a Gemitaiz: “Mi trovo esattamente dove volevo essere”

Lasciati da parte i vent’anni, il rapper romano Gemitaiz si racconta a Supereva. “Ho pronta nuova musica, tra pochi mesi uscirà un nuovo video”

31 Luglio 2017

“Pause lunghe così penso a cosa devo dire” rappa Davide De Luca in uno dei suoi innumerevoli successi: “Scusa”. Ed è proprio l’impressione che dà di se quando parla, molto calmo e riflessivo, quasi prudente, l’esatto contrario di quando sale sul palco e diventa Gemitaiz, uno dei rapper di maggior successo della scena italiana. In 28 anni di vita ha collezionato una quantità tale di Dischi d’Oro e di popolarità, da far invidia non solo a tanti colleghi rapper, ma anche a molti cantanti pop. Sempre in giro, sempre in gioco, sempre a mettere in discussione se stesso e la sua musica, fino ad assumersi il rischio di tentare strade nuove, lontano dalle mode più effimere, quelle che passano nel tempo di un’estate. Lui – infatti – come direbbe Vasco “è ancora qua”.

Entra nel mondo del rap nel 2003 e nel corso degli anni pubblica una serie innumerevole di Mixtape che diventano culto. Dopo la firma per Tanta Roba Label nel 2012, Gemitaiz presenta al pubblico il suo primo album ufficiale da solista, “L’Unico Compromesso”, che lo lancia nel meraviglioso mondo della discografia. A giugno 2014 assieme a MadMan pubblica “Kepler” per Tanta Roba / Universal e due anni dopo – a gennaio 2016 – “Nonostante Tutto”, sempre con etichetta Tanta Roba Label / Universal, album che raggiunge la certificazione di Disco d’Oro in sole due settimane dall’uscita. Oggi, in attesa “di qualcosa di nuovo” – come avrete modo di leggere –  il rapper romano, insieme al compagno d’arte Madman e alla giovane Priestess, è protagonista del Tanta Roba Label Tour, che li vedrà il 13 Agosto all’Aquafan di Riccione, il 23 agosto al Parco Gondar di Gallipoli, il 26 dello stesso mese alla Tattoo Convention di Cagliari e infine il 15 Settembre al Magnolia di Milano.

Intervista a Gemitaiz Fonte: Redazione

Abbiamo fatto una bella chiacchierata con lui, tra un treno e l’altro, un aereo e l’altro, un pomeriggio in studio e qualche – raro – momento di relax.

Di recente hai omaggiato Liberato pubblicando una tua versione di “Tu T’e Scurdat E Me e la tua sodale Priestess è addirittura salita sul palco insieme a Izi, Shablo e Calcutta per la prima non-epifania di Liberato, al MiAmi. Hai avuto feedback del tuo lavoro?

Posso dirti che mi è stato detto che ha apprezzato. Io sono contento della risposta che ha avuto, per essere soltanto un remix lanciato così all’improvviso. La cosa buona è che adesso c’è tanta attenzione anche su progetti un po’ più piccoli a livello discografico, ma grandi a livello musicale. Per esempio queste robe in Italia non le fa mai nessuno, i remix sono una cosa figa sia da fare che da ascoltare: a me piacerebbe che qualcuno mettesse le mani su qualcosa di mio, per esempio.

A volte c’è anche un sorta di timore reverenziale, forse. Alcuni pezzi andrebbero lasciati così come sono…

Guarda, proprio in questo caso, da fan di Liberato ho pensato che il brano fosse già bello com’era. Però l’ho fatto non certo per migliorare il pezzo precedente, per prima cosa l’ho fatto per me.

Generazionalmente e musicalmente parlando, ti senti più vicino ai ventenni o ai trentenni?

Sicuramente ai trentenni. La musica che ho ascoltato e che mi ha – in un certo senso – cresciuto, era tutta uscita al massimo negli anni ’90 e anche adesso mi rendo conto che a livello di gusti continuo a ritrovarmi parecchio distante dal panorama rap italiano ‘standard’, come può essere per Salmo. Anche lui esplora e diversifica, non rimane sempre allo schema batteria, synth e voce.

Di tuoi pezzi evocativi ce ne sono molti, troppi: personalmente sono molto legato ai primi mixtape “QCVC”. Stavo pensando ad esempio ad un pezzo come “On the corner”, con la magica strumentale di Bassi Maestro, che riprende un vecchio brano di Suzanne Vega: Tom’s Diner”. Oltre che di un’epoca che non esiste più, si parla anche di una Roma che non esiste più. Che rapporto hai oggi con la tua città: quanto e come la vivi?

Il rapporto è sempre quello di odio e amore, che ho un po’ con tutte le grosse metropoli. Non è sicuramente facile da vivere e da capire, però diciamo che ho smesso la fase adolescenziale in cui mi sforzavo di abbracciare ogni angolo, in tutte le sue diversità. Adesso sono molto più selettivo, non esco spessissimo: vado solo a vedere dei concerti, oppure a qualche serata se suona qualche dj che mi piace particolarmente, per il resto comunque sono sempre chiuso in studio.

Sei d’accordo con me che se un ragazzino di oggi ascoltasse un pezzo come “On the corner”, non lo arriverebbe a capire fino in fondo? Sono ricordi che appartengono ad un epoca ben precisa, quella del 3310 appunto.

Beh, sì. Diciamo che l’attitudine con cui viene ascoltata la canzone può funzionare sempre, anche nell’arco dei secoli. Però sì, ci sono determinati dettagli o spunti nati da ricordi di quando avevo tredici o quattordici anni. Immagino che anche adesso ci sia chi vive situazioni analoghe, sia a Roma che in altre città. Io ovviamente parlavo del mio quartiere e della mia città, però è più una circostanza da osservare in maniera astratta.

Ascolta, negli ultimi tempi ho analizzato un po’ le Instagram Stories dei vari rapper e ho notato due tipologie diverse di artisti: quelli che utilizzano la fotocamera frontale e quelli che utilizzano la fotocamera posteriore. Tu sei tra questi ultimi: sei più riflessivo, diciamo che c’è meno egocentrismo nelle tue storie.

Mah, sì (ride). In realtà mi capita di fare entrambe, non ci faccio neanche più caso. Mi piace ritrarre i paesaggi, mi piacciono i tramonti, il cielo, immortalare in maniera modesta il momento. Non sempre è necessario inquadrare se stessi.

A proposito di Instagram Stories, ti ho visto di recente in una dove fumi non so cosa, mentre ascolti “Matto” di Anna Oxa. Che musica italiana ascolti, tralasciando quella rap?

Di italiano non ascolto tantissimo, a parte quella di amici che rispetto musicalmente oltre che umanamente, per esempio Coez o Edoardo Calcutta. Per quanto riguarda mondi completamente diversi mi capita di ascoltare musica italiana vecchia come Battisti o qualche pezzo che c’è nella colonna sonora di un film: non lo conosco e lo shazammo, come è successo appunto con quello di Anna Oxa.

Quando sei online ti capita di interagire con i tuoi fans?

Diciamo che prima interagivo di più, nel senso che erano quantitativamente meno e quindi riuscivo a buttare un occhio.  Adesso è impossibile: dopo un minuto ci sono trecento commenti totalmente fuori luogo, tipo “vieni a suonare a Catania, ti prego” oppure “quando esce QCVC vol.12? “. Diciamo che adesso mi diverto di più a trollarli e a farmi quattro risate.

Parliamo un po’ di tv: innanzi tutto, ne guardi?

In realtà no, non ne guardo. Se sono in compagnia, può capitare di avere a casa amici che mi chiedano di accenderla, perché fosse per me starei sempre con la musica e non tutti gradiscono. Per esempio, ieri sera è capitato con una ragazza che mi ha chiesto di guardare Temptation Island, ma era una questione puramente…

Ludica?

Neanche. Era un po’ più da analisi.

Una sorta di antropologia…

Esatto, proprio per capire cosa fosse e cosa succedesse in questo mondo, visto che leggo un sacco di post, anche su Facebook. Effettivamente sembra essere un passatempo piuttosto comico, quasi surreale.

Pensa che a me fa più piangere, che ridere…

Mah, guarda: la televisione italiana non è che vada presa più di tanto seriamente.

Il problema è che la tv italiana è lo specchio della società italiana, le persone che vedi sullo schermo sono i prototipi di chi incontri nella vita di tutti i giorni.

Eh sì, purtroppo c’è da avere a che fare anche con persone del genere. Poi ognuno la prende in maniera differente, c’è gente che la considera la normalità e pensa che i matti siamo noi.

E ci andresti in televisione? Ho letto che di recente ti sei scagliato contro X-Factor.

No, in particolare i talent trovo siano completamente l’opposto di quello che dovrebbe essere la musica, la discografia e tutto quello che circonda quell’ambiente. Per quanto riguarda la televisione, no: non credo mi ci vedrete mai, se non per questioni adiacenti alla musica. Le uniche volte che sono capitato su Rai1, sono andato a ritirare il Disco D’Oro e ho suonato due pezzi. Quello è un conto e mi fa sempre piacere. Per quanto riguarda programmi d’intrattenimento no, non mi ci vedo molto.

Guarda indietro di una quindicina d’anni. Da uomo maturo – oggi – cosa diresti al te stesso ‘quattordicenne’?

Bravo. Gli direi bravo. Visto che siamo arrivati fin qui, facendo sempre quello che volevamo: evidentemente sono state fatte le scelte giuste. Sicuramente sono stati commessi anche tanti errori, però nell’insieme quello che ho fatto mi ha portato dove sono adesso, che è esattamente dove volevo essere in questo momento della mia vita. Per adesso il piano scorre ancora come desideravo.

Senti, quando esce qualcosa di nuovo?

Prima o poi uscirà un video, ci sto ancora lavorando.

Ma quanto prima, o quanto poi?

Non lo so, sicuramente entro quest’anno.

Questo video sarà il preludio di qualcosa?

Di qualcosa, sì. Di qualcosa.

(Ci lasciamo con una bella risata, autentica. Un po’ liberatoria, un po’ anche celebrativa. Dice che la sua carriera scorre esattamente come desiderava, alla velocità che desiderava, con le persone che desiderava. E – allora – lasciamola scorrere. Panta rei.)

 

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