Roma: il vulcano dei Colli Albani si sta risvegliando?

Secondo gli studiosi il vulcano dei Colli Albani, alle porte di Roma, si sta risvegliando

11 Dicembre 2023
Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

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Fonte: ansa

Mentre la terra continua a tremare sale la paura anche per Roma, dopo che gli studiosi hanno parlato di un possibile risveglio del vulcano dei Colli Albani. L’area vulcanica a soli 20 km dalla Roma inizia a dare segni di un possibile risveglio, visto che, a chilometri di profondità, si sta accumulando del nuovo magma. A registrare il pericoloso cambiamento uno studio multidisciplinare realizzato da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che hanno collaborato con il Dipartimento di Scienze Geologiche – Sapienza Università di Roma, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IGAG-CNR), e Laboratorio di Geocronologia dell’Università di Madison.

La ricerca ha interessato l’area vulcanica alle porte della Capitale “rimasta in assoluto stato di quiete da 36.000 anni a questa parte“. L’analisi, come ha spiegato Fabrizio Marra, ricercatore dell’INGV, ha permesso di stabilire che il vulcano dei Colli Albani si sta preparando ad un futuro risveglio. Il risultato sorprendente  è che non solo il vulcano è tutt’altro che estinto, ma ha appena iniziato un nuovo ciclo di alimentazione delle camere magmatiche che potrebbe portarlo nel prossimo millennio, da uno stato dormiente a quello di risveglio. Da qui la necessità di monitorare sin da oggi quest’area vulcanica.

Tutti gli elementi raccolti nello studio indicano che l’area vulcanica dei Colli Albani è attiva e che si sta accumulando nuovo magma.

In quanto tempo questo magma potrebbe trovare una via di risalita e dar luogo a un’eruzione è difficile da stabilire con precisione, quello che è certo è che i tempi fisici per cui ciò possa avvenire sono alla scala delle diverse migliaia di anni. Tutt’altra storia rispetto al Vesuvio, dove le eruzioni sono avvenute in tempi storici e i tempi di ritorno dell’attività vulcanica sono dell’ordine delle decine e delle centinaia di anni: ai Colli Albani tutto procede con tempi delle migliaia e delle decine di migliaia di anni. A cominciare dai tempi di ritorno delle eruzioni.

I ricercatori però ci tengono a tranquillizzare gli abitanti di Roma e delle zone circostanti l’area vulcanica dei Colli Albani. Anche se tutto lascia presagire una nuova  eruzione e un possibile terremoto che colpirebbe la Capitale. “Nessun elemento derivante dalle osservazioni geochimiche e geofisiche in atto – ha chiarito Marra – lascia ipotizzare che un’eruzione possa avvenire né in tempi brevi né medi. Quindi, se una ricarica dei serbatoi magmatici è in atto, questa durerà senz’altro migliaia di anni prima che possa dar luogo a un’eruzione”.

Tutto quello che c’è da sapere sul vulcano di Roma

L’incantevole bellezza dei Colli Albani ha una precisa origine che affonda le sue radici tra lava, cenere e lapilli. Quest’area è una delle più significative zone vulcaniche dell’Italia centrale, con una storia antichissima e peculiare che ha plasmato il suo destino. Tuttavia, per i ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), questa zona rappresenta anche un prezioso laboratorio a cielo aperto per la ricerca geologica e vulcanologica.

Maria Luisa Carapezza, primo ricercatore e vulcanologa dell’INGV, dopo anni di ricerca sui vulcani siciliani, si è dedicata al complesso vulcanico dei Colli Albani. I Colli Albani rappresentano l’intero complesso vulcanico, mentre Vulcano Laziale è il vulcano primordiale, il centro eruttivo più antico. La sua attività ha avuto inizio circa 600.000 anni fa, estendendosi fino a circa 355.000 anni fa. I Colli Albani costituiscono uno strato-vulcano complesso, in cui la posizione del centro eruttivo si è spostata nel corso del tempo. Le eruzioni principali del Vulcano Laziale sono state di natura ignimbritica, generando colate piroclastiche ad alta velocità che coprono una superficie di 1.600 km2. Queste eruzioni hanno causato collassi calderici, sprofondamenti della sommità del vulcano dovuti allo svuotamento del serbatoio magmatico sottostante. Il collasso calderico più recente è derivato dall’eruzione di Villa Senni, 355.000 anni fa, con un’emissione di 39 km3 di materiale, creando una depressione calderica di 8 km2.

I Colli Albani fanno parte della Provincia Comagmatica Romana, formata da numerosi vulcani con magmi alcalino-potassici, estendendosi dal Vesuvio al sud ai Monti Vulsini al nord. Questi vulcani sono emersi a causa della subduzione della Placca Adria sotto la Placca Euroasiatica. La loro peculiarità risiede nella composizione alcalino-potassica dei magmi, diversa dalla composizione calco-alcalina tipica delle zone di subduzione. Questa particolare composizione chimica è attribuita a una serie di fenomeni, dalla subduzione di crosta continentale alla contaminazione del magma con rocce carbonatiche. Appartengono a questa categoria di vulcani il Vesuvio, i Campi Flegrei e Ischia in Campania, e i Colli Albani, i Monti Sabatini, Cimini e Vulsini nel Lazio.

Mentre i vulcani napoletani sono ancora attivi, solo il vulcano dei Colli Albani mostra attività attuale. Esiste una controversia scientifica sull’ultima eruzione dei Colli Albani. Secondo alcuni, sarebbe avvenuta 36.000 anni fa; secondo altri, potrebbe essere più recente, intorno a 5.000-6.000 anni fa. In ogni caso, gli studiosi concordano sul fatto che i Colli Albani non siano un vulcano estinto, ma quiescente, capace di produrre nuove eruzioni. Questa valutazione si basa sul fatto che il tempo trascorso dall’ultima eruzione, anche se avvenuta 36.000 anni fa, è inferiore alla durata media degli intervalli di riposo registrati nella storia eruttiva passata. Ciò implica un rilevante potenziale di pericolo per la zona densamente abitata attorno al vulcano, fino ai sobborghi di Roma.

Vulcano dei Colli Albani, le eruzioni del passato ed il pericolo di oggi

Non ci sono registrazioni storiche di eruzioni, fatta eccezione per alcune pericolose colate di fango causate dall’esondazione del lago Albano. Nel IV secolo a.C., ciò ha portato alla realizzazione dell’emissario per mantenere il livello del lago al di sotto della soglia di esondazione. Questa è stata la prima opera al mondo per la prevenzione del rischio vulcanico ed è ancora parzialmente funzionante. Attualmente, persistono alcune manifestazioni riconducibili all’attività vulcanica. La zona di Cava dei Selci, ad esempio, mostra un’attività vistosa di rilascio di gas, principalmente anidride carbonica e idrogeno solforato, proveniente da piccole fratture e diffusa dal suolo. Anche sul fondo del lago craterico di Albano si osservano emissioni di gas magmatici.

L’INGV, anche per conto del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, conduce un’intensa attività di monitoraggio dei Colli Albani. Per quanto riguarda il monitoraggio sismico, si avvale delle stazioni della rete sismica nazionale e di una rete sismica locale per registrare anche gli eventi sismici di piccola entità e seguirne l’evoluzione nel tempo.

Uno dei siti gassosi più pericolosi al mondo

Il monitoraggio delle deformazioni del suolo avviene attraverso una rete continua di sette stazioni GPS sviluppata e mantenuta dall’INGV. Questa rete, integrata nella Rete Integrata Nazionale GPS dell’Istituto, permette di rilevare i movimenti locali del vulcano e inserirli nel contesto geodinamico dell’area. Inoltre, il movimento del suolo viene controllato tramite analisi di immagini satellitari (SAR).

Per quanto riguarda il monitoraggio geochimico, il sito principale di osservazione è Cava dei Selci, dove dal 2000 il flusso di CO2 dal suolo viene monitorato continuamente. Recentemente, è iniziato il monitoraggio continuo dell’attività di radon nel suolo, insieme alla temperatura e al livello della falda idrica locale. Il secondo sito monitorato è il Lago Albano, dove vengono effettuate campagne periodiche per controllare le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua e analizzare il gas disciolto.  La zona di Cava dei Selci è stata identificata come una delle aree più pericolose al mondo per l’emissione di gas endogeno di origine magmatica. Incidenti, come la morte di mucche e pecore nel 1999 e nel 2000, insieme a un tragico episodio umano nel 2001, hanno sottolineato la serietà del rischio.

 

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