L'allarme: segnali dal supervulcano dei Campi Flegrei

Un nuovo metodo per la previsione delle eruzioni, grazie a un’analisi comparativa della sismicità e delle deformazioni del suolo

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“La caldera dei Campi Flegrei è più vicina all’eruzione rispetto a quanto si pensi”. A comunicarlo è l’autorevole University College di Londra che ha scelto di presentare con queste parole la ricerca redatta da Christopher Kilburn (dipartimento di scienze della Terra) con Giuseppe De Natale e Stefano Carlino, colleghi dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e pubblicata su Nature Communications.

Quello che viene descritta è la possibilità concreta che possa verificarsi una nuova eruzione da parte del supervulcano a nord di Napoli, tra il promontorio di Posillipo e capo Miseno.

“Le autorità devono essere preparate a un’eventuale eruzione”. Ovviamente, ed è corretto che così sia, non vengono indicati tempi né indicatori ma quanto si valuta, sul versante meramente scientifico, è l’attività dell’intera area e la necessità di preparare un territorio ad altissima densità abitativa a reagire ad eventuali fenomeni. Già dal 2012 la Protezione Civile ha alzato il livello di guardia da «verde» a «giallo» e tenendo conto che i supervulcani sono un piccolo ma terribile gruppo: da Yellowstone, negli Usa, al Lago Toba, in Indonesia, ai Campi Flegrei.

Tornando alla caldera dei Campi Flegrei, che tanto ha suggestionato per l’unicità delle sue caratteristiche naturalistiche, ha prodotto eruzioni ciclopiche. L’attuale depressione risulta essersi formata a causa di due violente eruzioni, una di 40 mila anni fa (la cosiddetta Ignimbrite Campana) e l’altra di 15 mila (il Tufo Giallo Napoletano). L’ultima eruzione degna di nota, dopo un periodo di quiescenza, risale al 1538. Fu in quella occasione che si formò il Monte Nuovo: il più giovane vulcano d’Europa, sul lago Lucrino.

“I segnali indicano che c’è una dinamica in atto, ma non sappiamo se questa ‘agitazione’ a lungo termine porterà ad un’eruzione”, ha detto all’ANSA il vulcanologo Stefano Carlino, dell’Osservatorio Vesuviano.

“Non sappiamo quale sia la soglia di criticità dell’energia accumulata”, ha aggiunto Carlino. Tuttavia il modello indica che se la situazione evolverà verso un’eruzione “questa potrebbe essere simile a quella del 1538, che è stata piccola rispetto a quelle catastrofiche che hanno generato la caldera dei Campi Flegrei“.

Ma come nascono i Campi Flegrei? A rispondere a questo quesito, molto affascinante relativo a uno dei luoghi più suggestivi del territorio partenopeo, è l’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv: “I Campi Flegrei sono un campo vulcanico all’interno del quale, negli ultimi 39.000 anni, sono stati attivi numerosi centri eruttivi differenti. La storia geologica dei Campi Flegrei è stata dominata da due grandi eruzioni: l’eruzione dell’Ignimbrite Campana (IC-avvenuta 39.000 anni fa) e l’eruzione del Tufo Giallo Napoletano (TGN-avvenuta 15.000 anni fa). Tali eruzioni sono connesse a due episodi di sprofondamento che, sovrapponendosi, hanno generato una caldera complessa che rappresenta la struttura più evidente del Distretto Vulcanico Flegreo. Quest’ultimo comprende i Campi Flegrei, parte della città di Napoli, le isole vulcaniche di Procida ed Ischia, e la parte nord-occidentale del Golfo di Napoli.”

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