La 'vera' storia della Befana: in pochi conoscono questa fiaba

Il 6 gennaio si festeggia la Befana: ecco tutti i segreti, le curiosità e le stranezze su questo giorno speciale fra leggenda e realtà

Pubblicato:

Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

Ogni anno, il 6 gennaio, in molte case italiane si respira un’atmosfera magica, carica di tradizione e mistero. È il giorno in cui la Befana fa il suo ingresso nelle case di tutto il Paese, portando con sé dolci, doni e un pizzico di magia. La leggenda della Befana è profondamente radicata nella cultura italiana, e la sua storia affonda le radici nei secoli, creando un legame indissolubile tra passato e presente.

L’Origine della Befana: un viaggio attraverso i secoli

La figura della Befana risale a tempi antichissimi, tracciando le sue origini in una miscela di tradizioni pagane e cristiane. La parola “Befana” deriva dal termine epifania, la festività cristiana che celebra la manifestazione di Gesù al mondo. La leggenda narra di una vecchia donna che, nell’antica tradizione pagana, era associata alle festività di fine anno e all’arrivo del nuovo ciclo solare.

Secondo la versione più diffusa, la Befana era una donna che viveva in una modesta capanna, dedicandosi con cura alla sua casa e alle sue occupazioni quotidiane. Un giorno, i Re Magi, in viaggio verso Betlemme per portare doni al neonato Gesù, si persero e chiesero indicazioni alla vecchia signora. La Befana, pur non potendo accompagnarli, offrì ospitalità ai Magi per una notte. Tuttavia, la mattina seguente decisero di partire senza di lei. Pentita di non essersi unita al loro viaggio, la Befana prese un sacco pieno di dolci e regali e si mise a cercare il Bambino Gesù per tutta la terra.

Da allora, ogni anno, la Befana si imbarca in un viaggio notturno sul suo scopa, portando doni e dolci ai bambini di tutto il mondo. La notte del 5 gennaio, la leggenda narra che la Befana voli sui tetti e scenda nei camini per lasciare i suoi doni ai bambini che si sono comportati bene durante l’anno.

La Tradizione della calza e i dolci della Befana

La vigilia dell’Epifania è un momento di grande attesa per i bambini, che preparano le calze da appendere con cura, sperando di trovare al mattino dolci, giocattoli e piccoli regali lasciati dalla gentile vecchina. La Befana ha una debolezza per i dolci tipici italiani come i “panettoni”, le “ciambelle” e i “torroni”, che vengono collocati nelle calze con affetto.

La tradizione della Befana è ancora oggi celebrata con gioia e partecipazione in tutta Italia. Molte città organizzano eventi e sfilate in onore della vecchia signora, coinvolgendo la comunità in festeggiamenti e momenti di condivisione.

In un mondo sempre più veloce e tecnologico, la leggenda della Befana continua a rappresentare un legame tra le generazioni, un ponte tra passato e futuro che celebra la magia della generosità, della speranza e dell’amore. E così, ogni 6 gennaio, la Befana vola ancora sui tetti d’Italia, diffondendo il suo incantesimo e lasciando dietro di sé un tocco di meraviglia che rimarrà nei cuori di chiunque abbia il privilegio di incontrarla.

La Befana nella cultura europea

 

L’invenzione della vecchietta sulla scopa è tutta italiana e si è diffusa nel resto del mondo solo di recente. Le prime notizie riguardanti la Befana risalgono al 1200. In quel periodo l’anziana sulla scopa rappresentava il vecchio anno da buttare via. La Befana era una bambola che veniva vestita con abiti sporchi e vecchi ed in seguito veniva bruciata.

Anche in diverse regioni italiane ci sono leggende legate alla Befana e al giorno dell’Epifania che si tramandano di generazione in generazione. Eccone alcune:

  • In Toscana i contadini cercano di vedere le stelle attraverso il camino e se ci riescono allora stappano un vino nuovo perché vuol dire che l’annata sarà propizia;
  • in Emilia Romagna si racconta che la notte tra il 5 e il 6 le mura diventino ricotta;
  • in Sicilia si dice che i re Magi, nel giorno della Befana, attraversarono l’isola e fecero rifiorire gli aranceti che erano stati bruciati da una terribile nevicata.

In Germania, viene chiamata Perhetennacht, la vecchietta volava su un carro, seguita da streghe, anime di bimbi morti ed elfi. In tutti i casi la Befana alla fine viene sconfitta e viene fatta bruciare in grandi roghi. E proprio il rogo ha un importante significato nella storia della Befana e nel giorno in cui la celebriamo: insieme alla brutta vecia bruciamo anche tutto ciò che di brutto è accaduto nell’anno appena concluso per auspicare bellezza e cose belle.

In Francia invece viene preparato un dolce tipico del “Le Jour des Rois”: si tratta di un dessert piatto e tondo, con un ripieno a base di marzapane e una fava all’interno, chi mangiandolo la trova sarà il re o la regina della festa. In Spagna invece i bambini riempiono calze e scarpe con paglia e grano per dare da mangiare ai cammelli dei Re Magi, ma soprattutto scartano i regali di Natale.

Infine la parola Epifania deriva da un termine greco che significa “rivelazione”. La festa della Befana capita 12 giorni dopo Natale, questo perché nei tempi antichi il dodicesimo giorno dopo il 25 dicembre si festeggiava la notte della Luna, in cui la luce del nostro satellite si rivelava in tutta la sua bellezza.

La fiaba della Befana di Don Perugini

Ci sono molte favole e fiabe associate alla figura della Befana, che vogliono spiegarne il mito ai bambini, tra le tante storie, eccone una meno conosciuta, ma certamente molto suggestiva ed adatta ai bambini scritta da Don Giampaolo Perugini.

In un villaggio, non molto distante da Betlemme, viveva una giovane donna che si chiamava Befana. Non era brutta, anzi, era molto bella e aveva parecchi pretendenti.. Però aveva un pessimo caratteraccio. Era sempre pronta a criticare e a parlare male del prossimo. Cosicché non si era mai sposata, o perché non le andava bene l’uomo che di volta in volta le chiedeva di diventare sua moglie, o perché l’innamorato – dopo averla conosciuta meglio – si ritirava immediatamente.

Era, infatti, molto egoista e fin da piccola non aveva mai aiutato nessuno. Era, inoltre, come ossessionata dalla pulizia. Aveva sempre in mano la scopa, e la usava così rapidamente che sembrava ci volasse sopra. La sua solitudine, man mano che passavano gli anni, la rendeva sempre più acida e cattiva, tanto che in paese avevano cominciato a soprannominarla “la strega”. Lei si arrabbiava moltissimo e diceva un sacco di parolacce. Nessuno in paese ricordava di averla mai vista sorridere. Quando non puliva la casa con la sua scopa di paglia, si sedeva e faceva la calza. Ne faceva a centinaia. Non per qualcuno, naturalmente! Le faceva per se stessa, per calmare i nervi e passare un po’ di tempo visto che nessuno del villaggio veniva mai a trovarla, né lei sarebbe mai andata a trovare nessuno. Era troppo orgogliosa per ammettere di avere bisogno di un po’ di amore ed era troppo egoista per donare un po’ del suo amore a qualcuno. E poi non si fidava di nessuno. Così passarono gli anni e la nostra Befana, a forza di essere cattiva, divenne anche brutta e sempre più odiata da tutti. Più lei si sentiva odiata da tutti, più diventava cattiva e brutta.

Aveva da poco compiuto settant’anni, quando una carovana giunse nel paese dove abitava. C’erano tanti cammelli e tante persone, più persone di quante ce ne fossero nell’intero villaggio. Curiosa com’era vide subito che c’erano tre uomini vestiti sontuosamente e, origliando, seppe che erano dei re. Re Magi, li chiamavano. Venivano dal lontano oriente, e si erano accampati nel villaggio per far riposare i cammelli e passare la notte prima di riprendere il viaggio verso Betlemme. Era la sera prima del 6 gennaio. Borbottando e brontolando come al solito sulla stupidità della gente che viaggia in mezzo al deserto e disturba invece di starsene a casa sua, si era messa a fare la calza quando sentì bussare alla porta. Lo stomaco si strinse e un brivido le corse lungo la schiena. Chi poteva essere? Nessuno aveva mai bussato alla sua porta. Più per curiosità che per altro andò ad aprire. Si trovò davanti uno di quei re. Era molto bello e le fece un gran sorriso, mentre diceva: “Buonasera signora, posso entrare?”. Befana rimase come paralizzata, sorpresa da questa imprevedibile situazione e, non sapendo cosa fare, le scapparono alcune parole dalla bocca prima ancora che potesse ragionare: “Prego, si accomodi”. Il re le chiese gentilmente di poter dormire in casa sua per quella notte e Befana non ebbe né la forza né il coraggio di dirgli di no. Quell’uomo era così educato e gentile con lei che si dimenticò per un attimo del suo caratteraccio, e perfino si offrì di fargli qualcosa da mangiare. Il re le parlò del motivo per cui si erano messi in viaggio. Andavano a trovare il bambino che avrebbe salvato il mondo dall’egoismo e dalla morte. Gli portavano in dono oro, incenso e mirra. “Vuol venire anche lei con noi?”. “Io?!” rispose Befana.. “No, no, non posso”. In realtà poteva ma non voleva. Non si era mai allontanata da casa.

Tuttavia era contenta che il re glielo avesse chiesto. “Vuole che portiamo al Salvatore un dono anche da parte sua?”. Questa poi… Lei regalare qualcosa a qualcuno, per di più sconosciuto. Però le sembrò di fare troppo brutta figura a dire ancora di no. E durante la notte mise una delle sue calze, una sola, dove dormiva il re magio, con un biglietto: “per Gesù”. La mattina, all’alba, finse di essere ancora addormentata e aspettò che il re magio uscisse per riprendere il suo viaggio. Era già troppo in imbarazzo per sostenere un’altra, seppur breve, conversazione.

Passarono trent’anni. Befana ne aveva appena compiuti cento. Era sempre sola, ma non più cattiva. Quella visita inaspettata, la sera prima del sei gennaio, l’aveva profondamente cambiata. Anche la gente del villaggio nel frattempo aveva cominciato a bussare alla sua porta. Dapprima per sapere cosa le avesse detto il re, poi pian piano per aiutarla a fare da mangiare e a pulire casa, visto che lei aveva un tale mal di schiena che quasi non si muoveva più. E a ciascuno che veniva, Befana cominciò a regalare una calza. Erano belle le sue calze, erano fatte bene, erano calde. Befana aveva cominciato anche a sorridere quando ne regalava una, e perciò non era più così brutta, era diventata perfino simpatica.

Nel frattempo dalla Galilea giungevano notizie di un certo Gesù di Nazareth, nato a Betlemme trent’anni prima, che compiva ogni genere di miracoli. Dicevano che era lui il Messia, il Salvatore. Befana capì che si trattava di quel bambino che lei non ebbe il coraggio di andare a trovare.

Ogni notte, al ricordo di quella notte, il suo cuore piangeva di vergogna per il misero dono che aveva fatto portare a Gesù dal re magio: una calza vuota… una calza sola, neanche un paio! Piangeva di rimorso e di pentimento, ma questo pianto la rendeva sempre più amabile e buona.

Poi giunse la notizia che Gesù era stato ucciso e che era risorto dopo tre giorni. Befana aveva allora 103 anni. Pregava e piangeva tutte le notti, chiedendo perdono a Gesù. Desiderava più di ogni altra cosa rimediare in qualche modo al suo egoismo e alla sua cattiveria di un tempo. Desiderava tanto un’altra possibilità ma si rendeva conto che ormai era troppo tardi.

Una notte Gesù risorto le apparve in sogno e le disse: “Coraggio Befana! Io ti perdono. Ti darò vita e salute ancora per molti anni. Il regalo che tu non sei venuta a portarmi quando ero bambino ora lo porterai a tutti i bambini da parte mia. Volerai da ogni capo all’altro della terra sulla tua scopa di paglia e porterai una calza piena di caramelle e di regali ad ogni bambino che a Natale avrà fatto il presepio e che, il sei gennaio, avrà messo i re magi nel presepio. Ma mi raccomando! Che il bambino sia stato anche buono, non egoista… altrimenti gli metterai del carbone dentro la calza sperando che l’anno dopo si comporti da bambino generoso”.

E la Befana fece così e così ancora sta facendo per obbedire a Gesù.

Durante tutto l’anno, piena di indicibile gioia, fa le calze per i bambini… ed il sei gennaio gliele porta piene di caramelle e di doni.

È talmente felice che, anche il carbone, quando lo mette, è diventato dolce e buono da mangiare.

 

più popolari su facebook nelle ultime 24 ore

vedi tutti