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Si dice presepe o presepio? L'accademia della crusca chiarisce

Molti dicono presepe, altri presepio, ma qual è il termine corretto?

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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Quando si avvicina il Natale, oltre all’albero con le luci colorate, luogo dove depositare i doni, in attesa di scambiarli,l’altro simbolo di questa festività molto amata, è il presepe. L’origine del presepe, una rappresentazione tradizionale della nascita di Gesù Cristo, risale all’epoca medievale ed è associata alla figura storica di San Francesco d’Assisi. La storia del presepe, infatti, ha inizio nel XIII secolo, quando il Santo della cittadina umbra, decise di creare una rappresentazione vivente del Natale per ricordare il significato religioso della festività durante la messa di mezzanotte.

San Francesco d’Assisi, fondatore dell’ordine francescano, aveva una profonda devozione per il Natale e desiderava rendere l’evento più tangibile per i fedeli. Durante un viaggio in Terra Santa, egli ebbe l’opportunità di visitare i luoghi legati alla vita di Gesù, ispirandosi a creare una rappresentazione vivente della Natività. Nel 1223, a Greccio, un piccolo paese dell’Italia centrale, San Francesco allestì il primo presepe vivente con l’aiuto di alcuni amici. Utilizzarono una grotta naturale per raffigurare la grotta di Betlemme e collocarono una mangiatoia con paglia per rappresentare la nascita di Gesù. San Francesco celebrò una messa di mezzanotte davanti al presepe vivente, coinvolgendo la comunità locale.

Perché il presepe si chiama così?

Per quanto riguarda l’etimologia della parola, ovvero il termine, esso deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, ma anche recinto chiuso dove venivano custoditi ovini e caprini; il termine è composto da prae (innanzi) e saepes (recinto), ovvero luogo che ha davanti un recinto. Un’altra ipotesi fa nascere il termine da praesepire cioè recingere. Nel latino tardo delle prime vulgate evangeliche viene chiamato cripia, che divenne poi greppia in italiano, krippe in tedesco, crib in inglese, krubba in svedese e crèche in francese. Il termine presepe è utilizzato, oltre che in Italia, anche in Ungheria, perché vi giunse via Napoli nel XIV secolo quando un discendente Angiò divenne re di quelle regioni, Portogallo e Catalogna.

Con il passare del tempo, la parola “presepio” ha acquisito un significato più ampio rispetto a “presepe”. Questo concetto sembra essere supportato dal Vocabolario dell’Accademia della Crusca. Risulta che nelle prime tre edizioni del vocabolario (la prima delle quali risale al 1612) sia presente solamente il termine “presepio”, utilizzato per indicare sia una stalla che una mangiatoia. Tuttavia, con la pubblicazione della quarta edizione nel 1729, avviene una chiara separazione tra le due voci: “presepe” e “presepio”.

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Si dice presepe o presepio?

Nel corso del tempo, un punto interrogativo ha costantemente sfidato la lingua italiana: è più corretto dire “presepe” o “presepio”? Questa domanda ha dato origine a un acceso dibattito che ha coinvolto intellettuali e critici nel corso della nostra storia. La soluzione a questa questione linguistica è giunta direttamente dall’Accademia della Crusca.

Andando alle origini del termine, scopriamo che “presepe” ha due forme latine: “praesaepe, is” e anche “praesaepium, praesaepii”. Ciò che rende questo dibattito interessante è il fatto che entrambi i termini erano utilizzati nel passato, sia da autori latini come Virgilio e Plauto, che successivamente nei secoli da illustri letterati come Petrarca, Tasso e Marino.

Lo stesso Alessandro Manzoni, uno dei padri dell’italiano moderno, utilizza entrambe le forme, addirittura nello stesso testo:

La mira Madre in poveri
panni il Figliol compose,
e nell’umil presepio
soavemente il pose;
e l’adorò: beata!
innanzi al Dio prostrata,
che il puro sen le aprì.

Senza indugiar, cercarono
l’albergo poveretto
que’ fortunati, e videro,
siccome a lor fu detto,
videro in panni avvolto,
in un presepe accolto,
vagire il Re del Ciel.

Se lo dice il Manzoni, dunque, possiamo fidarci: che si dica presepe o presepio, non sbagliamo mai.

Cosa non deve mai mancare in un presepe?

Questa tradizione del presepe non si è mai completamente persa, nemmeno quando solo le famiglie nobili o le ricche abbazie potevano permettersi di commissionarne uno. Il presepe è una manifestazione di devozione popolare creata dalla gente comune per il popolo, e nel corso dei secoli ha sviluppato un’identità che, nelle sue innumerevoli varianti regionali in Italia e in tutto il mondo, è ancorata a un mondo in cui i simboli hanno più importanza delle parole per esprimere la spiritualità.

Ogni personaggio nel presepe è prima di tutto un simbolo, al quale nel corso del tempo si sono aggiunte storie e leggende che gli hanno conferito una vita “reale” e più vicina ai sentimenti del popolo. Di seguito, presentiamo un breve elenco delle 10 figure fondamentali del presepe e il loro significato:

  1. Giuseppe e Maria: Rappresentano l’archetipo del Padre e della Madre, con Giuseppe vestito in modo umile per sottolineare la sua devozione e Maria vestita di azzurro-cielo per esprimere una spiritualità eterea e una dolcezza materna.
  2. Il bue e l’asinello: Simboli delle virtù illuminanti del Bambino, con l’asino che rappresenta i pagani e il bue che rappresenta i saggi e i sapienti.
  3. I pastori: Rappresentano l’umanità più povera e misera, accogliente nei confronti della nascita di Gesù, proprio come i pastori erano considerati tra le genti più umili.
  4. Il pescatore: Collegato alla figura di Pietro e alla sua missione di “pescatore di anime.”
  5. La lavandaia: Simbolo di purezza e purificazione, simile alla figura della levatrice nella tradizione orientale e vicina alla simbologia di Maria.
  6. La donna con il bambino o la zingara col bambino: Rappresenta una leggenda in cui una giovane vergine desiderava vedere il Bambino, ma gli angeli la tenevano lontana. Così, presentandosi con un grosso sasso avvolto in una coperta come un neonato, il sasso si trasformò in un bambino reale davanti alla Sacra Famiglia.
  7. L’oste: Rappresenta un luogo infernale, dove l’umanità esprime debolezze, vizi, e sregolatezza, cercando di distrarre dalla contemplazione della Grotta.
  8. I giocatori di carte o “i due compari”: Nella tradizione napoletana, sono considerati la personificazione del Carnevale e della Morte, giocando con le sorti degli uomini secondo regole imprevedibili e incontrollabili.
  9. I Magi: Ciascuno dei Magi ha un significato diverso e porta doni significativi al Bambino Gesù.
  10. Benino il pastore dormiente: Simboleggia la Rivelazione data dalla Fede, dormendo ma sognando il presepe e rendendolo reale con il suo sogno.

Queste figure contribuiscono a rendere il presepe un’opera ricca di simbolismo e significato spirituale per le persone di tutto il mondo.

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