Sigarette, chi le ha inventate? Storia di uno dei vizi capitali

Le sigarette ed i sigari si devono ad un'invenzione relativamente recente. Ripercorriamo la storia del tabacco e del fumo dai tempi antichi fino ad oggi

12 Ottobre 2016
Fonte: Flickr

La storia delle sigarette si interseca con quella dell’uomo. Non si sa esattamente chi sia stato il primo a fumare tabacco, ma si sa che questo veniva coltivato da migliaia di anni in America, in particolar modo negli attuali Brasile e Messico. Le popolazioni usavano la pianta per scopi medicinali e cerimoniali; a volte, la miscelavano con altre piante al fine di creare una droga allucinogena. Tuttavia, non era loro abitudine fumare il tabacco. La pianta è rimasta ad uso esclusivo dei popoli delle Americhe fino all’arrivo di Cristoforo Colombo. Quando il navigatore arrivò nelle Bahamas, gli indigeni gli porsero in dono foglie di tabacco essiccato. Colombo portò queste foglie secche in Spagna.

Nel giro di qualche decina d’anni, gli europei scoprirono che il tabacco poteva intossicare e causare una forte dipendenza. Si ha, a questo proposito, una testimonianza del frate spagnolo Bartolomé de las Casas, che parla di un vero e proprio vizio. Gli europei usarono il tabacco per tutta la seconda metà del XVI° secolo in un modo simile ai nativi americani: per scopi medicinali e come antidolorifico. La Spagna divenne il principale importatore di tabacco dalle Americhe e dichiarò la città di Siviglia come capitale del tabacco nel mondo. Nel 1560 l’ambasciatore Jean Nicot lanciò il tabacco come pianta medicinale; a lui si deve il nome del principio attivo, nicotina. Nel 1612, per battere gli spagnoli, gli inglesi ed il coloni della Virginia John Rolfe ottennero semi di tabacco da Trinidad e dal Sud America e li piantarono in Virginia. Quello di Rolfe fu il primo raccolto del tabacco esclusivamente ad uso commerciale.

Grazie alla combinazione di tecnica, semi e suolo proveniente da diversi parti del mondo, creò un ceppo di tabacco che rapidamente conquistò il mercato in tutta Europa. In tal modo, venne introdotto il concetto di marche: Rolfe, famoso anche per aver sposato la principessa indiana Pocahontas, chiamò il suo tabacco Orinoco. La coltivazione del tabacco richiedeva un processo molto laborioso e le colonie della Virginia mancavano di manodopera. Nel 1619, una nave commerciale olandese gettò l’ancora nella baia di Chesapeake con venti nativi africani catturati. Questi ultimi vennero impiegati nelle piantagioni di tabacco. Con i semi del tabacco vennero, quindi, impiantati anche i semi della schiavitù nel Nuovo Mondo. Alla fine del XVII° secolo, a Jamestown, in Virginia, si producevano 25 milioni di chili di tabacco all’anno per la vendita in Europa.

Il tabacco divenne così il prodotto maggiormente esportato dalle colonie americane. Anche George Washington e Thomas Jefferson erano coltivatori di tabacco. L’Inghilterra, vedendo la crescita esponenziale degli affari e volendo aumentare le sue entrate, cominciò a tassare il prodotto. La guerra d’indipendenza americana è stata, infatti, talvolta chiamata la guerra del tabacco. Il raccolto, grazie all’alto valore, aiutò persino a finanziare la guerra: funse da garanzia per il prestito contratto da Ben Franklin ed assicurato dalla Francia sotto forma di cinque milioni di chili di tabacco Virginia. Con la crescita della popolarità, crebbero anche i pericoli. Nel 1791, un medico inglese, John Hill, osservò che l’uso del tabacco da fiuto sembrava causare tumori nasali. Nonostante questo, l’uso del tabacco continuò ad aumentare grazie all’invenzione dei sigari e delle sigarette.

Prima del 1820, il tabacco veniva masticato, fumato in un tubo o trasformato in tabacco da fiuto. L’invenzione del sigaro ha a che fare con l’esportazione delle foglie di tabacco: arrotolate in un tubo erano più facili da trasportare e da vendere. Nel 1830, l’Inghilterra importava 250mila chili di sigari all’anno. La guerra civile americana scoppiò nel 1861, in gran parte a causa della schiavitù, che a sua volta era in gran parte il risultato della necessità di manodopera a basso costo per la raccolta del tabacco, dello zucchero e del cotone. Nonostante la proclamazione dell’emancipazione e il 13° emendamento, le piantagioni di tabacco continuarono a prosperare. Nel 1880 si ebbe una svolta grazie a James Buchanan Duke, noto anche come “Buck Duke”, che si specializzò nel mercato del tabacco per le sigarette arrotolate a mano.

Nel 1875, James A. Bonsack costruì una macchina che arrotolava le sigarette, migliorando la produttività e l’efficienza, e fondò l’American Tobacco Company, la prima azienda a produrre sigarette su larga scala. La sua macchina era, infatti, in grado di produrre 120mila sigarette al giorno. Duke intravide la potenzialità dello strumento e entrò in affari con Bonsack. Nel giro di vent’anni, producevano il 90% delle sigarette al mondo. Il fumo ed il tabacco continuarono ad essere popolari per tutta la prima metà del XX° secolo. Anche allora, molti medici ci vedevano un rischio per la salute, fino al 1950, quando il Dottor Ernst L. Wynder dimostrò che il fumo causava tumori maligni nei topi. E il resto, come si suol dire, è storia.

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