X-Factor: perché Manuel Agnelli è un giudice diverso

Manuel Agnelli non è un giudice come tutti gli altri visti finora. Con gli Afterhours ci ha traghettati nel Nuovo Millennio insegnandoci a essere "diversi"

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Manuel Agnelli, la rivelazione di X-Factor”. “Manuel Agnelli, il giudice tutto da scoprire”. “Manuel Agnelli, il musicista sconosciuto al grande pubblico”. “Manuel Agnelli che sorprende per i suoi giudizi”.

Questi i titoli sul nuovo giudice “alternativo” di X-Factor, figura con il compito di attirare quel segmento di pubblico che non sarebbe naturalmente interessato al format. Titoli tra l’incuriosito e il piacevolmente sorpreso.

Vi dico io qual’è il punto: il punto è che Manuel Agnelli non è un giudice come gli altri.

Non è Morgan, musicista ed esteta innocuo verso tutti tranne che verso se stesso, attorcigliato intorno ad un ego smodato e tutto sommato banale.

Non è Elio, che dall’alto della sua intelligenza superiore si è scoperto presto annoiato del giocattolo X-Factor, comportandosi come gli alunni svogliati a scuola.

Non è neppure Skin, catapultata in una realtà talmente distante, anche linguisticamente, da diventare un corpo estraneo, quasi una caricatura.

Manuel Agnelli è un giudice diverso perché è un musicista diverso: i suoi Afterhours sono stati una spina nel fianco degli anni ‘90. Sono stati i nostri Nirvana, come impatto generazionale. Sono stati uno degli ultimi gruppi che sapevano trasmettere un senso di pericolo. Hanno accompagnato una generazione in un percorso che non è mai stato facile, perché non mancava niente ma in fondo non c’era niente.

Negli anni ’90 era in corso l’ultimo atto della Restaurazione, iniziata con i lustrini degli anni ’80 e finita nella decade successiva con la caduta della maschera.

Si percepiva istintivamente che c’era qualcosa che non andava, ma senza il supporto di una dimensione politica che si era afflosciata da tempo: in assenza di illusioni collettive, avanzavano solo tante singole rabbie. Stavamo con i pugni chiusi in un angolo a guardare, nauseati dalla mancanza di alternative, spaventati all’idea che fosse inevitabile diventare quello che poi oggi siamo diventati davvero.

Le parole e la musica degli Afterhours ci accoglievano una dimensione dove l’illusione del Mondo Nuovo era abolita, ma almeno restituiva l’orgoglio di essere diversi.

Manuel Agnelli insieme a Edda dei Ritmo Tribale ci hanno accompagnato nella loro esplorazione dei sentimenti e delle relazioni umane, con parole come dolorose lame. Sempre oneste, mai ottusamente concilianti.

Manuel Agnelli va visto per quello che è: un grande cantante, performer e musicista. Una voce artisticamente potente e diversa. La sua “Rapace” ha fatto da colonna sonora a quelle notti senza sonno e senza domani che franavano nelle mattine.

“Quello che Non C’è” con le sue oscure e potenti parole di resa lascia segni indelebili nella coscienza di chi ascolta senza paura.

“Carne Fresca” è una scossa di defibrillatore per anime assopite. “Sangue di Giuda” un crudele documento di verità sulle relazioni umane.

Stavamo in piedi, vicini nella notte e la musica degli Afterhours ci aiutava a reggere il peso del vuoto tra noi e quello che il mondo stava diventando.

Che cosa resta di quella stagione iniziata negli anni ’90 e finita nel nuovo millennio? Forse niente, forse solo la consapevolezza che vivere alle corde in attesa gong per tirare il fiato sia poca cosa e che i weekend alla fine siano solo l’unità di misura delle nostre sconfitte.

Ma sicuramente ci rimangono la musica e le parole di Manuel Agnelli, da ascoltare e riascoltare per la loro cruda profondità e onestà.

Questo fa di Manuel Agnelli un giudice di X-Factor diverso da tutti gli altri, presenti e passati. Comunque vada a finire questa esperienza, tifo per lui e auguro un grande in bocca al lupo al compagno di mille notti passate a inseguire i suoi concerti, a tornare a casa sudati, svuotati e felici di essere quello che eravamo e che oggi siamo, anche grazie a lui.

Carlo Portioli

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