Anguria, gli effetti collaterali segreti sulla tua dieta

L’anguria ha molti benefici per il nostro organismo, ma attenzione ad alcuni effetti collaterali poco conosciuti (anche a dieta)

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C’è qualcosa di meglio che mangiare un cocomero appena tagliato in una calda giornata estiva? L’anguria è nota per portare vibrazioni estive di benessere ed è anche piuttosto nutriente: è infatti ricco di vitamine A e C, antiossidanti ed è in realtà un frutto a basso contenuto di zuccheri rispetto ad altri frutti tropicali come mango o papaya, solo per citarne alcuni.

Ciò significa che in teoria avrebbe tutte le caratteristiche giuste per essere consumato in grandi quantità anche a dieta: la massiccia presenza di acqua e fibre conferisce al cocomero il titolo di frutto più light solo dopo il limone, con 30 calorie ogni 100 grammi.

Oltre ad avere una manciata di calorie, ci fa sentire immediatamente sazi e dunque siamo portati a mangiare di meno vedendo risultati sulla nostra linea. Infatti un gruppo di ricercatori in uno studio del 2019 pubblicato su Nutrients ha scoperto che mangiare 2 tazze di anguria al giorno ha migliorato gli sforzi di gestione del peso facendo sentire più sazi i partecipanti della ricerca.

Eppure esistono alcuni effetti collaterali legati all’anguria che non giovano alla nostra salute in determinati casi. Tra i principali fastidi che possiamo sperimentare mangiando tanto cocomero ci sono quelli legati alla cattiva digestione. D’altro canto l’anguria è ricca di fruttosio, un composto vegetale nella categoria FODMAP e le persone con una storia di problemi digestivi, come la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) , potrebbero dover limitare questo tipo di cibi per sentirsi al meglio.

L’anguria rischia di aggravare gonfiore e dolori di pancia anche a causa dell’elevata presenza di fibre, inoltre può essere fonte di emicrania: un recente studio sui fattori che scatenano il mal di testa ha fatto emergere che il cocomero – rispetto ad altri frutti come frutto della passione, arancia, ananas, uva, banana, cetriolo e papaia – era responsabile dell’insorgenza di emicrania in quasi il 30% dei casi presi in esame.

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