Misura
Aristotele, nell’Etica Nicomachea, parla della felicità (, ricerca del proprio ”demone”) come una condizione che si acquisisce tramite il senso della ”misura”, della ”medietà”.
Nonostante siano teorie formulate da una civiltà vissuta più di 2500 anni fa, hanno ancora una certa potenza, forse troppo sottovalutata.
La conoscenza di sé, la misura delle cose, la saggezza come idea regolativa verso cui tendere, l’armonia con il tutto, sono tutti temi della grecità che ci avvicinano all’uomo, e quindi alla felicità. Dunque per felicità intendiamo, con i greci, la conoscenza di sé e di ciò che è degno per un uomo. Solo così, in realtà, è possibile raggiungere la felicità (eudaimonia).
Desiderare
La misura delle cose. Avere ”misura” non vuol dire meramente ”accontentarsi”, ”rinunciare”, ma essere liberi di non farsi dominare da ciò che non si ha, dal desiderio (per sua natura infinito e insaziabile); aver misura vuol dire imparare a desiderare ciò che si ha già, che non va affannosamente ricercato.
Consapevolezza
Avere misura, sì, ma rendersi conto che abbiamo -nella maggior parte dei casi- una grande fortuna già disponibile. Per esempio, se si è occidentali, vuol dire che si dispone di una ricchezza base (come acqua corrente e due pasti semplici al giorno) di cui è sprovvista quasi 2/3 del pianeta.
Positività
Pensare alle opportunità che si hanno, non solo alle prospettive negative che potremmo avere. Da quest’ultime bisognerà trarre solo le direttive per evitare un fallimento. Pensare infatti alle sconfitte come insegnamenti, non come meri fallimenti personali, è una chiave decisiva per un sano stato di felicità individuale.
Sapere
Leggere e studiare sono pratiche indispensabili per essere felici. Non è vero che ”più si sa e peggio si sta”, ma è certamente vero che il sapere ci prepara a interpretare gli eventi, ciò che ci accade o potrebbe accadere.