Ecco come stiamo inviando i messaggi agli alieni

Ecco come stiamo inviando messaggi agli alieni nella speranza che possano contattarci

9 Marzo 2017

Se gli alieni non ci inviano messaggi, lo facciamo noi. Questa è in sostanza la filosofia che sta guidando il nuovo progetto scientifico della Nasa, pronta a scoprire forma di vita extraterrestre, contattando direttamente gli alieni. Il progetto è decisamente ambizioso e si chiama METI, ossia Messaging Extra Terrestrial Intelligence.

A portarlo avanti Douglas Vacoch, professore presso il Dipartimento di Psicologia Clinica del California Institute of Integral Studies, direttore del programma di Composizione di Messaggi Interstellari del SETI e presidente del METI International.

La decisione di inviare messaggi agli alieni ha diviso fin da subito la comunità scientifica. Ad opporsi al progetto è soprattutto Stephen Hawking, secondo cui non è saggio tentare di contattare in questo modo gli extraterrestri, perché a rispondere potrebbero essere civiltà più evolute della nostra e pronte a conquistarci.

Non è della stessa idea Vacoch: “Quando parlo con gli altri scienziati dei possibili rischi del METI – ha spiegato in una recente intervista -, convengono che la percezione pubblica del pericolo è eccessiva. Ed è naturale. Sappiamo che il nostro cervello è cablato per prestare attenzione a vivide immagini di pericolo, anche quando il rischio collegato non è credibile. Così – ha aggiunto – quando Stephen Hawking mette in guardia dagli Alieni perché potrebbero decimare i Terrestri come i Conquistadores hanno fatto nel Nuovo Mondo, questa immagine evocativa scatena il nostro allarme interno, anche se lo scenario è del tutto illogico”.

Secondo le ultime teorie degli studiosi gli alieni sarebbero già a conoscenza della nostra esistenza, ma ci starebbero osservando, nell’attesa che la popolazione terrestre raggiunga un adeguato livello di civiltà. “Possiamo provare questa ipotesi – ha spiegato lo studioso -trasmettendo segnali volontari ed intensi. Nel giro di pochi decenni vedremo, in modo molto concreto, se qualcuno ci risponde”.

Già in passato gli studiosi hanno cercato di inviare segnali nello spazio, ma non hanno ricevuto una risposta, ora però il progetto verrà portato avanti in modo diverso. “Se noi riceviamo un segnale una sola volta – ha rivelato il ricercatore -, non lo consideriamo convincente. Se le altre civiltà hanno questo stesso principio in base al quale la scienza deve essere ripetibile e verificabile, dovremmo inviare le nostre trasmissioni in modo continuo per essere presi sul serio”.

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