Facebook col passare degli anni ha visto i suoi iscritti crescere di giorno in giorno in maniera incredibile. Tale successo lo si deve alla sua struttura. Non è solo la comunicazione istantanea tramite chat ad aver conquistato l’interesse di milioni di persone. Ciò che davvero ne ha decretato il successo è stato probabilmente la possibilità di poter condividere propri pensieri, canzoni preferite, citazioni e quant’altro tramite bacheca. Il social, con questo strumento, ha permesso a chiunque di poter dire la propria.
Spesso però ci si lascia prendere la mano. Non a caso si è sviluppato il fenomeno dei “leoni da tastiera“, persone che credono di aver il diritto di poter commentare i post altrui nel modo che più ritengono migliore, anche se questo si avvicina all’offensivo e alla minaccia. Si sa che la legge deve adattarsi ai tempi, restare al passo con le innovazioni tecnologiche e, per questa ragione, recentemente la Suprema Corte di Pescara, ha stabilito che l’offesa rilasciata su una bacheca altrui è un atto penale di diffamazione aggravata.
Figure poco social
Si tratta di un provvedimento quasi storico. Il motivo è semplice. Al di là del terribile fenomeno del cyberbullismo, nuova piaga del XXI secolo, al di là di quanto possano far male alcuni commenti espressi da un hater, al di là dunque del fastidio di ritrovarsi un’offesa spiattellata sulla bacheca alla vista di tutti, resta il fatto che una regolamentazione dei social sia più che necessaria.
Facebook è stato, infatti, teatro di gaffe riluttanti. Dopo il terremoto di Amatrice, per fare un esempio, utenti comuni e VIP hanno dato il peggio di sé, postando sulle proprie bacheche opinioni di cui tutti noi avremmo fatto a meno. Per non parlare del diffondersi costante di virus d’ogni genere. Inoltre, il celebre social dal color blu ormai è diventato fabbrica di pericolosissime bufale. Insomma, Facebook necessita di un maggior ordine e solo legge e politica possono darglielo.
Diffamazione aggravata
Perché la Cassazione parla di diffamazione aggravata? Nella sentenza n° 50/17 si spiega che Facebook si basa su una modalità di accesso e di registrazione a tal punto semplice che un qualsiasi post ha un potenziale pubblico di migliaia e migliaia utenze. Offendere qualcuno su Facebook significa ledere la sua immagine dinnanzi ad un numero irragionevole di persone.
Per questa ragione, per evitare grane legali, sarebbe meglio resistere a quel terribile impulso che spinge a dire sempre la propria o quanto meno bisognerebbe evitare di farlo in una maniera inappropriata. D’altronde non ci si dovrebbe preoccupare solo di eventuali procedimenti legali quanto alla sensibilità altrui che spesso oltraggiamo, senza farci troppe domande.