Mezz'ora a cuore aperto con Cristina D'Avena

Una lunghissima e strabiliante carriera che l'ha resa la Voce per eccellenza dei cartoni animati: abbiamo intervistato in esclusiva Cristina D'Avena.

10 Aprile 2019

“Occhi di gatto”? L’ha cantata lei. La sigla di “Rossana”? Anche quella l’ha cantata lei. “Lady Oscar”? L’ha cantata lei, ça va sans dire. La “lei” in questione è Cristina D’Avena, e non potrebbe essere altrimenti: la voce italiana delle sigle di cartoni animati di quasi quarant’anni. In pratica, la voce che è stata in grado di accompagnare decine di generazioni di bambini. Ora diventati ragazzi e adulti.

Ben più di un’icona del genere: Cristina D’Avena è considerata unanimemente la sola cantante italiana del genere. Di fatto, l’unica voce autorizzata a cantare le versioni italiane delle sigle dei cartoni animati (soprattutto giapponesi, ma non solo). L’inizio della sua carriera è da manuale, con “Il valzer del moscerino” cantato sul palco dello Zecchino d’Oro. Era il 1968 e Cristina D’Avena aveva appena tre anni e mezzo. Probabilmente non erano in molti a pensare che quello non fosse altro che il primo passo di una lunghissima carriera, che si sarebbe sviluppata sempre con un’attenzione rivolta alla fascia dei più piccoli.

L’incisione della prima sigla per un cartone animato risale all’81: Cristina era ancora minorenne, ma diede la sua voce per “Pinocchio”. Era quello l’inizio ufficiale della carriera discografica di Cristina D’Avena, fatta di sigle per cartoni animati, singoli e dischi. Ne seguirono tantissimi: da “Canzone dei Puffi” a “Kiss Me Licia” (con tutte le versioni riaggiornate), da “Pollon, Pollon combinaguai” a “Mila e Shiro due cuori nella pallavolo” a “Scuola di Polizia”, passando per “Sailor Moon” e “Piccoli problemi di cuore” oppure per “Sabrina” e “Ma che magie Doremi”. Insomma, a Cristina D’Avena non è sfuggita una sola sigla dei cartoni animati. L’ultimo capitolo della sua lunga (e lo sarà ancora per molto) carriera è la recentissima pubblicazione di “Duets” e “Duets Forever”, due album in cui un sacco di colleghi cantanti prestano la loro voce per cantare insieme a Cristina le più famose sigle. L’inizio di una nuova, ennesima avventura per la voce italiana più amata dei cartoni animati. Di questo e di molto altro ancora abbiamo parlato con lei in questa lunga intervista.

Cristina D'Avena Fonte: Facebook

Dopo Duets, uscito nel 2017, è arrivato Duets Forever, uscito lo scorso novembre. Presumo tu ti sia trovata bene a condividere il palco con altri artisti.

E’ stata un’esperienza pazzesca, non avrei mai immaginato di poter incidere due album con 32 artisti che hanno cantato le mie canzoni. E’ stata una cosa fichissima e io li ringrazio perché hanno aderito tutti con entusiasmo e con tanta voglia di cantare questi pezzi.

I brani da abbinare a ciascun artista li hai proposti tu oppure li hai scelti insieme all’ospite?

A qualche artista l’ho proposto io, ad altri no, anche perché molti sono arrivati con un’idea ben precisa di quale sigla volessero cantare. Per esempio Elisa voleva cantare “Memole” a tutti i costi perché ha visto questo cartone da bambina e si sente una “memolina”.  Per cui, l’ho accontentata.

Quando hai scelto tu – invece – che criterio hai usato?

Ho fatto una tracklist dei brani, poi ho cercato di abbinare le canzoni alle varie voci. Ad esempio a Nek ho dato immediatamente “Rossana”, perché secondo me la sua voce era super-adatta a quel cartone.  Anche quando ho deciso di far cantare “Il mistero della pietra azzurra” ad Alessandra Amoroso, l’ho fatto per una questione timbrica.

Con Patti Pravo invece come è andata?

Con Patti è stata una cosa buffissima, perché ho chiesto al suo assistente dato che non mi azzardavo a chiederlo direttamente a lei. Mi aspettavo un no, invece è stato carinissimo e dopo qualche ora mi ha chiamato dicendomi che Nicoletta era felicissima di cantare i Puffi. L’unica cosa che non voleva fare era la voce di Gargamella, ma l’ho tranquillizzata.  Infatti poi l’ha fatta Fabio De Luigi. (ride)

In tour sei spesso accompagnata dai Gem Boy, che sono un po’ il tuo lato oscuro. Com’è iniziato il vostro sodalizio?

Ci siamo incontrati dieci anni fa in autogrill, in maniera assolutamente casuale. Come sai loro hanno iniziato storpiando le sigle dei cartoni e addirittura avevano scritto una brano dal titolo “Ammazza Cristina”, di cui ti lascio immaginare il contenuto. E li odiavo, li volevo praticamente uccidere. All’epoca mia sorella lavorava con Red Ronnie e volevano organizzare un concerto al Roxy Bar di Bologna. Io avevo appena finito il tour e quindi non avevo una band vera e propria, per questo mia sorella mi propose di farlo con i Gem Boy.  “Ma tu sei matta proprio”, le ho detto. “Quelli cantano che vogliono tagliarmi le corde vocali!”. Alla fine, appunto, quando li ho incontrati in autogrill mi hanno regalato il loro disco, si sono buttati per terra chiedendomi perdono per tutte le canzoni che avevano scritto su di me, ho fatto un sorriso e gli ho detto che gli avrei fatto sapere. Successivamente ci siamo incontrati di nuovo in un bar, parlando delle nostre carriere e gli ho parlato della proposta che mi avevano fatto mia sorella. Tra una risata e l’altra abbiamo abbozzato una sorta di scaletta, abbiamo trovato una quadra che poi sarebbe rimasta sempre la stessa: il concerto di Cristina D’Avena con i Gem  Boy  che la prendono in giro e vogliono cantare le sue canzoni  storpiate, ma io non glielo permetto. E da lì è nato questo connubio simpatico, carino, con un pubblico che ci segue ovunque.

Un pubblico molto variegato, tra l’altro.

Dai nonni, alle mamme, ai metallari: vedo di tutto ai miei concerti. Però sono tutti talmente felici e gioiosi di cantare, che mi diverto come una matta.

Forse quelli che mancano all’appello, sono proprio i bambini. Pensi che i bambini di oggi siano cambiati? 

I bambini di oggi un po’ sono cambiati perché è cambiata la società, però ti assicuro che se ai gli fai ascoltare le canzoni che ascoltavamo noi, le imparano, le cantano e diventano pure di tendenza.

Cambiamo argomento: eri già stata a Sanremo come ospite a cantare un tuo medley, quest’anno sei ritornata nella serata dei duetti e per la prima volta non hai cantato un brano del tuo repertorio. Che effetto ti ha fatto?

Un effetto particolare, ti dico la verità. E’ stato un po’ un debutto per me, proprio come per Shade e Federica.  Mi sono trovata catapultata su quel palco con dei pezzi non miei e ti assicuro che ero emozionata e allo stesso tempo molto felice, anche perché la canzone è piaciuta un po’ a tutti.

Ti piace “Soldi”, il brano che ha vinto il festival?

Ti dirò: a primo impatto ero rimasta un po’ interdetta, poi alla fine – riascoltandolo – mi è piaciuto.

E se dovessi collaborare con Mahmood, cosa gli faresti cantare?

Non lo so, forse “Grande piccolo Magoo” o anche “I  gemelli nel segno del destino”. Non so, ce ne sono tante: bisognerebbe trovarsi e capire.

Magari in un volume 3 di “Duets” entrerà anche Mahmood.

Eh, certo, perché no? Sapendo che è anche un mio fan, ne sari molto fiera.

Abbiamo già la prima collaborazione del nuovo “Duets”!

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