Quando lo scorso maggio, Joe Bastianich annunciò l’uscita di scena dal cast di Masterchef – di cui è stato una delle colonne portanti, dal 2011 al 2019 – in diversi avevano pensato di vederlo seduto di lì a poco al famigerato banco dei giudici di X-Factor. Così non è stato, ma la passione di Joe per la musica, che nasce e si sviluppa durante la sua adolescenza a New York, lo ha condotto ben oltre: sta infatti per uscire la sua prima release discografica, che porta il titolo di “Aka Joe”.
In continuo movimento tra l’Italia, New York e Los Angeles – un po’ per business, un po’ per passione – Joe Bastianich ha scritto parole, ricordi e melodie che sono diventate la sua personale terapia: è così che nasce questo album, registrato a Los Angeles, che propone un sound organico e dinamico in compagnia di musicisti di altissimo livello. Si spazia dal rock al blues, passando per il country americano, con momenti funky, il tutto con melodie che trovano spazio e riscontro nel panorama musicale attuale.
A pochissimi giorni dall’uscita di Aka Joe, abbiamo chiacchierato con Joe della sua passione per la musica e di come questa lo abbia accompagnato nell’arco di tutta la sua vita.
Dicono che la prima release discografica non si scorda mai, come ti senti?
Le emozioni sono decisamente forti: si tratta di un lavoro che ho partorito in tanti anni e le canzoni che ho scritto sono molto personali. Sono fiero, contento e terrorizzato allo stesso tempo.
La tua passione per la musica si fonde e si amalgama con la tua storia personale. Sei nato nel Queens e cresciuto assieme ad una scena rock e blues americana, che ha fatto da sottofondo alla tua infanzia e adolescenza. Mi racconti questa meravigliosa passione?
Sono nato da migranti italiani a New York, abbiamo sempre avuto una vita molto “italiana”: si parlava quella lingua, si mangiava quel cibo , eccetera. E come molti altri bambini figli di migranti, non volevo essere quello: volevo essere americano a tutti gli effetti. La musica – in questo senso – è stata per me l’elemento che mi ha permesso di diventare un vero ragazzo americano, ecco perchè è stata fondamentale per me e per la mia integrazione.
Questo album “Aka Joe” nasce con un irrefrenabile impeto di esprimerti.
Sì, sono narrative molto personali. Per esempio nel singolo “Joe played guitar” racconto la storia e il conflitto di questo bambino che – come ti ho detto prima – non voleva essere di origini italiane, ma voleva diventare una star del rock’n’roll. Altre poi sono storie d’amore, di passone, di famiglia: racconto addirittura di mia nonna. E poi ancora argomenti sociali, per esempio il tema delle armi in America, un problema molto attuale.
Se c’è un elemento che accomuna la musica e la cucina, questo è la passione.
La cucina per me e la mia famiglia è sempre stata un lavoro, un lavoro povero di migranti, in cui sono cresciuto e ho avuto successo, ma rimane pur sempre un lavoro, anche se condito con la passione. Invece la musica è una passione vera, pura. E’ un’espressione completamente personale ed emozionale.
Ci sono altri elementi che secondo te accomunano queste due arti?
Ti direi il vino, che è per me un’espressione emozionale, come la musica. Io produco un vino bianco, che porta il mio cognome, con un uvaggio che creo io di anno in anno. E quel vino è molto personale, collegato alla mia storia e alla mia famiglia, infatti dico sempre che assaggiarlo equivale a conoscermi meglio. Allo stesso modo, ascoltare questo disco equivale a conoscermi meglio. Se poi fai tutti e due, hai fatto bingo.
In che modo la musica è per te terapeutica?
Io normalmente scrivo libri, vado in televisione e sono un personaggio pubblico. In questa occasione riesco invece a raccontare me stesso senza filtri, in maniera personale e molto intima.
Parliamo un attimo della cover: inizialmente avevo pensato a Mr. Brainwash. Invece l’ha realizzata TVboy, un artista italiano divenuto molto famoso ultimamente.
E’ venuto ospite ad un programma televisivo che ho fatto, siamo diventati amici e mi è piaciuta molto la sua arte. Gli ho chiesto di fare una copertina che fosse ispirata alla nostra amicizia e così ha fatto.
Com’è invece il Joe Bastianich ascoltatore: cosa troviamo nella tua playlist?
Un po’ di tutto, trovi in particolare molto della tradizione blues e country americana: Neil Young, i Rolling Stones o anche i grandi classici del country come Townes Van Zandt e Gram Parsons, fino ad artisti contemporanei come Fantastic Negrito e i Wilco.
Il rap ti piace?
Moltissimo, frequento tanto le jam session a New York e la tendenza attuale è quella di abbinare il jazz all’hip-hop, che nell’improvvisazione diventa qualcosa di fantastico. Io non lo suono, ma sono molto stimolato da questo tipo di contaminazione.
Dopo Masterchef, a questo punto manca solo di vederti in giuria ad XFactor.
Vedremo, vedremo…