5 luglio 2004-10 luglio 2016. Non saranno l’alfa e l’omega della carriera di Cristiano Ronaldo, ma a prescindere dall’esito che avrà la finale dell’Europeo contro la Francia, si tratterà comunque di due date fondamentali. La prima è riferita alla finale dell’edizione giocata in Portogallo, che i lusitani di Felipe Scolari persero drammaticamente contro la sorprendente Grecia. Ronaldo aveva 20 anni, si affacciava alla ribalta internazionale e non riuscì ad essere decisivo.
Adesso ecco la seconda chance, che potrebbe consegnare Cristiano alla leggenda a 31 anni, l’età della perfetta maturazione. Nella storia CR7 c’è già, per la quantità di trofei vinti a livello individuale e di club, per le proprie doti tecniche fuori dal comune, che gli hanno permesso di ricoprire in maniera esaltante due ruoli, quello dell’esterno offensivo e del centravanti, e per una fisicità che si commenta da sola, anzi a farlo è il mostruoso stacco con cui ha segnato la rete del vantaggio in semifinale contro il Galles.
Ma per la leggenda serve appunto uno sforzo in più, quello di far vincere un trofeo alla propria nazione. Il Portogallo ha una storia piena di fuoriclasse, ma incredibilmente avara di titoli: qualcuno a livello giovanile, zero come prima squadra. Ecco perché battere la Francia non varrebbe solo il quarto Pallone d’oro della carriera, ma permetterebbe a Cristiano di ottenere la riconoscenza eterna da parte del proprio popolo e attaccarsi sul petto una medaglia che è di poco, quella di vincere con nazionali “normali”. Non ci sono mai riusciti campioni come Best, Giggs e adesso Bale, oltre a Ibrahimovic.
E non c’è riuscito neppure Leo Messi, l’eterno rivale di Cristiano, la cui estate da incubo, tra flop in Copa America e condanna per evasione fiscale, potrebbe completarsi con l’ultimo sgarbo: vedere il grande rivale alzare un trofeo con la Nazionale, cosa che la Pulce non è mai riuscito a fare pur disponendo di una base ben più forte.
Infine, vincere darebbe a Ronaldo una dimensione più umana, così diversa dall’apparenza di campione viziato e un po’ altezzoso. Quella dimensione che in tanti gli riconoscono, ma solo chi lo conosce bene: come Carletto Ancelotti, che lo ha definito il miglior professionista mai allenato, e come molti compagni di club e Nazionale, a partire da Joao Moutinho, che è stato spronato dal Capitano in versione leader a battere il rigore decisivo contro la Polonia, 4 anni dopo quello sbagliato nella semifinale contro la Spagna.
E come Chantal Borgonovo, la vedova dell’indimenticato Stefano, che venerdì ha ricevuto la telefonata più inattesa: quella dell'agente di Ronaldo, Jorge Mendes, che le ha recapitato l'invito alla finale da parte di Cristiano, colpito dalla triste storia di Stefano.
È tutto pronto per l’ultima occasione: Saint-Denis nel 1998 fu il teatro delle gesta di Zidane campione del mondo. Ronaldo è pronto a prendersi la scena.