Messaggi e chat modificano le onde cerebrali, ma nessuno sa perché

I messaggi di testo modificano il cervello. Il dottor Tatum ha scoperto che gli SMS e le chat provocano un cambiamento nel normale ritmo delle onde cerebrali

4 Luglio 2016
Fonte: Flickr

I messaggi di testo e le chat modificano il cervello. La domanda che circola da un po’ di tempo tra gli utenti e i produttori dei dispositivi mobili è: usare uno smartphone o un tablet può alterare il modo in cui funziona il cervello? Mentre in molti sono ancora nella fase delle ipotesi e ragionano sui possibili effetti a lungo termine dell’uso del cellulare, un gruppo di ricercatori statunitensi della Mayo Clinic ha recentemente scoperto che i messaggi di testo provocano un cambiamento nel normale ritmo delle onde cerebrali; un ritmo completamente diverso da quello creato da qualsiasi altra attività umana.

Il dottor William Tatum, l’autore principale dello studio, afferma che il principale ostacolo alla comprensione del fenomeno è dato dal numero di queste onde cerebrali che vengono identificate nell’elettroencefalogramma (EEG) e che sono estremamente rare. Le nuove onde cerebrali sono state infatti rilevate per caso attraverso l’analisi giornaliera dei ritmi corticali di alcune persone affette da epilessia. Questa scoperta ha dato poi il via ad un’indagine sugli effetti neurologici derivanti dall’utilizzo degli smartphone, al fine di comprendere se realmente le chat e i messaggi modificano il cervello.

Questo studio, che ha coinvolto 130 persone per un periodo di sedici mesi, è arrivato alla conclusione che solo un partecipante su cinque manifesta il cosiddetto “ritmo SMS“. La spiegazione è ancora al vaglio dei ricercatori in quanto non sono stati ancora compresi i reali fattori scatenanti. I soggetti non risultano infatti accumulati né dal genere, né dall’etnia, né dall’età e non è chiaro neppure quale aspetto della digitazione fa scattare questo particolare ritmo. La scrittura di SMS e chat presuppone in effetti una varietà di competenze diverse, quali la destrezza delle dita e la capacità di formulare comunicazioni concise.

Qualunque sia la ragione, questa scoperta può rappresentare un significativo passo in avanti nella ricerca scientifica. Si tratta infatti di una delle prime dimostrazioni dell’esistenza di un’interfaccia tra la tecnologia e l’encefalo e del fatto che i messaggi modificano il cervello. Il passo successivo prevede di indagare se questo sia un processo distruttivo o attivo. Il dottor William Tatum ipotizza che si tratti di un processo attivo che si compie attraverso un trascinamento dei normali ritmi corticali, anche se apparentemente sembra essere una frequenza tipicamente identificata in persone che hanno un rallentamento delle onde cerebrali.

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