La storia dell’uomo ha attraversato diversi stadi ed è giunta, grazie ad un lungo e tortuoso percorso, al risultato odierno, rappresentato dalla società della tecnologia avanzata e della globalizzazione. Le nostre origini hanno per molto tempo interessato gli studiosi, i quali hanno spesso e volentieri dato origine a teorie non sempre concordi; ma sicuramente si sono fatti moltissimi passi avanti, riuscendo addirittura ad aprire uno squarcio su quelle discendenze lontanissime di cui abbiamo come prove solamente alcuni ritrovamenti archeologici.
Uno dei passaggi fondamentali di questa assidua ricerca è sicuramente avvenuto nel 1978: l’archeologa e paleoantropologa inglese Mary Leakey ritrovò un gruppo di orme di ominidi a Laetoli in Tanzania, risalenti a più di 3,5 milioni di anni fa. Esse corrispondevano a quelle di un Australopithecus afarensis, le medesime ritrovate solo 4 anni prima in Etiopia. Questa importantissima scoperta diede vita a diverse ipotesi: tra di esse famosa quella della coppia di ominidi che cammina col braccio di lui sulla spalla del soggetto femminile, seguiti da un terzo esemplare di medie dimensioni. Ma la storia può essere riscritta: a dirlo sono dei ricercatori italiani.
Una nuova teoria su Laetoli
Uno studio condotto dalla scuola di Paleoantropologia dell’Università di Perugia in collaborazione con colleghi delle università di Dar es Salaam, Sapienza di Roma, Firenze e Pisa ha rinvenuto altre impronte in quella zona.
“Le nuove orme, ritrovate a circa 150 metri dalle vecchie, appartengono ad altri due individui, uno molto più grosso degli altri, probabilmente un maschio, l’altro di medie dimensioni. – spiega Giovanni Boschian dell’Università di Pisa – Ne consegue che probabilmente non si trattava di una famigliola formata da una coppia monogamica padre-madre più figlio, ma di un gruppo costituito da un grande maschio dominante e vari altri individui di vari sessi e dimensioni”.
Dati diversi rispetto alla scoperta iniziale
Ovviamente tali rivelazioni avrebbero un peso elevatissimo, considerando che quelle di Lateoli sono le più antiche orme umane conosciute. “Le orme di uno degli individui, in particolare, hanno portato a una stima di statura di circa 165 -170 centimetri, la più alta mai registrata al mondo per gli australopitechi, generalmente ritenuti creature minute, tra 110 e 130 centimetri” afferma Marco Cherin del dipartimento di Fisica e Geologia dell’università pisana.
Una scoperta che di fatto svaluterebbe le teorie precedenti riguardanti le tracce rinvenute in Tanzania: le evidenti differenze di taglia tra gli individui portano a definire l’Australopithecus afarensis come una specie con elevato livello di dimorfismo sessuale. Questo potrebbe sottintendere anche una loro strategia di riproduzione e un’organizzazione sociale più vicine a quelle del Gorilla piuttosto che a specie come il Bonobo, Scimpanzé o la gran parte degli uomini ai giorni d’oggi.