New York, 28 dic. (askanews) – Come era prevedibile, Shinzo Abe non ha chiesto scusa per i bombardamenti che poco prima delle 8 del mattino del 7 dicembre 1941 svegliarono tra le fiamme la base della marina militare americana a Pearl Harbor. Nemmeno Barack Obama lo aveva fatto quando lo scorso maggio si era recato a Hiroshima, primo presidente Usa ad andare laddove l’America sganciò la bomba atomica alla fine della guerra con il Giappone nel 1945.
Nella sua storica visita non lontano da Honolulu, alle Hawaii, il premier giapponese ha però offerto le sue “più sincere condoglianze” per le oltre 2.400 persone tra militari e civili, donne e bambini che in quel giorno di 75 anni fa persero la vita spingendo l’allora Commander in chief Franklin D. Roosevelt a chiedere al Congresso il via libera per dichiarare guerra a Tokyo; gli Usa furono così trascinati nel secondo conflitto mondiale.
In una conferenza stampa congiunta con il 44esimo presidente Usa, che ha chiuso un giorno in cui ha fatto la storia diventando il primo leader nipponico a visitare il memoriale USS Arizona (completato nel 1961), Abe ha chiesto al mondo intero di “non ripetere l’orrore della guerra”.
Sia lui sia Obama, che ha parlato dopo Abe, hanno usato l’evento per dimostrare come, dopo una “guerra feroce”, Usa e Giappone siano diventati stretti alleati come non mai, pronti insieme ad “affrontare le sfide del mondo”. Su questo il leader giapponese è stato chiarissimo: quella con gli Usa è una “alleanza della speranza che ci guiderà nel futuro” (Donald Trump permettendo).
Abe ha spiegato che “il potere della riconciliazione è reso possibile dallo spirito della tolleranza, che Washington ha dimostrato nei confronti di Tokyo. Invocando quel potere, il premier ha detto che mai come oggi, in un momento in cui “le guerre nel mondo non sono state ancora eradicate e in cui la spirale dell’odio crea odio, il mondo ha bisogno” di quello spirito e di quel potere. “Usa e Giappone hanno eradicato l’odio. Ecco perché la nostra è un’alleanza della speranza”.
Le parole di Obama gli hanno fatto eco. Il leader Usa ha ringraziato Abe per le sue “parole cortesi” e per il suo “gesto storico”. Il legame forte sull’asse Washington-Tokyo “dimostra che anche le ferite peggiori della guerra possono portare a un’amicizia”. Per Obama, l’alleanza tra le due nazioni “non è mai stata così forte” e “nella buone e nella cattiva sorte” sono a disposizione l’una dell’altra grazie a “interessi comuni e a valori condivisi”. Insomma, per un Obama che si prepara a passare il testimone a Trump il messaggio inviato insieme ad Abe al mondo intero è chiaro: “C’è da guadagnare di più in pace che in guerra”. Perché “non possiamo scegliere la storia che ereditiamo ma possiamo scegliere le lezioni tra trarne”. E l’alleanza con il Giappone “ha creato un ordine internazionale che ha aiutato a prevenire un’altra guerra mondiale”. Trump è avvisato.