“Negli ultimi quattro mesi hai cambiato partner?”, “Hai avuto rapporti omosessuali, etero, bisessuali?”. E ancora: “Quanti rapporti genitali, orali, anali?” “Hai avuto rapporti con scambio di denaro o droga?”
Non si tratta del terzo grado motivato da una qualche ragione medica, bensì delle domande del questionario Avis, in vigore da novembre scorso, destinate a chi volesse donare il sangue.
L’attenzione sulla “qualità” del sangue dell’ipotetico donatore ci sta tutta, per carità, ma considerato che il sangue viene comunque analizzato e certificato successivamente nei laboratori medici specifici, ci si chiede de queste domande non siano un po’ troppo “private” , morbose e poco pertinenti. La domanda sorge spontanea: “E la privacy?”
Il rischio è quello di trasformare un gesto di generosità e anonimato in un interrogatorio personale sulla propria vita sessuale che scoraggi i volontari donatori.
Motivo che ha spinto La Lega Nord a presentare una mozione in Regione Lombardia per chiederne una revisione. Due le questioni sollevate dai leghisti: un test del genere rischia di scoraggiare ipotetici nuovi donatori lasciando a secco le riserve di sangue.