A Palmyra la storia è letteralmente scritta sulle pietre. Qui si possono ammirare delle iscrizioni in aramaico e in greco sui monumenti, tra i templi e sulle colonne. È l’unica testimonianza di bilinguismo in Medio Oriente e per questa ragione la città è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Per lo stesso motivo, ha destato sconcerto l’invasione da parte dello Stato Islamico conosciuto con il nome di ISIS nel maggio del 2015. La paura è finita domenica 28 marzo 2016, quasi un anno dopo, quando l’esercito siriano ha riconquistato il sito archeologico, fonte di orgoglio per questa nazione.
Le stesse iscrizioni ci possono servire da testimonianza sul ruolo fondamentale di questa città di frontiera, controllata per secoli da mercanti locali che commerciavano tra il Mediterraneo e la Mesopotamia. Si può affermare che è il punto dove Oriente ed Occidente s’incontrano, diventando il fulcro economico tra Roma e gli imperi partico e sasanide nei primi tre secoli d.C.
La ricchezza di questi mercanti derivava dalla protezione offerta a tutte le carovane che si vedevano costrette ad attraversare il deserto siriano fino all’Eufrate per raggiungere il Golfo Persico. Non si trasportavano solo metalli preziosi e spezie, ma anche culture. Infatti, nelle stesse iscrizioni si trovano riferimenti alle divinità fenice, babilonesi, arabe e caananite, così come alle loro diverse tradizioni.
Si potrebbe affermare che i palmirensi erano dei cowboy di frontiera, ma che allo stesso tempo si dedicavano ad abbellire la propria città con edifici grandiosi, ispirandosi alla colossale architettura romana, come nel caso del Tempio di Bel o del Lungo Colonnato. Le donazioni di molti abitanti sono state immortalate con iscrizioni in tutta la città, così come molti defunti vennero commemorati con monumenti funebri degni dell’elite dei dominatori.
Sotto l’impero di Aureliano, Palmyra venne definitivamente conquistata, nonostante la regina Zenobia avesse dato del filo da torcere negli anni precedenti, arrivando a dominare anche le province romane di Egitto, Siria e Palestina. La città non si riprese mai del tutto dalla devastazione che ne seguì e le ricchezze che una volta venivano donate all’impero romano da Palmyra ormai non arrivavano più. Gli studiosi pensano che questa possa essere stata un’ulteriore concausa al crollo dello stesso impero qualche secolo più tardi.