La Commissione nazionale italiana per l’Unesco ha deciso di candidare nella lista del Patrimonio Mondiale dell’umanità Unesco “L’arte dei pizzaiuoli napoletani”. L’idea è arrivata dal Ministero dell’Agricoltura ed ha avuto subito l’unanime sostegno di molti altri Ministeri, da quello degli Esteri a quello dell’Università, dell’Ambiente e dell’Economia. Si tratta, infatti, di un settore che ha un valore di 10 miliardi di euro: ci sono almeno 100 mila lavoratori fissi, insieme ad altri 50 mila nel week-end, che si occupano di ristorazione/ pizzerie. A parte gli aspetti finanziari, però, la produzione di pizza rappresenta la nostra nazione in tutto il mondo (nonostante alcune estreme imitazioni). Dopo il tentativo da parte dell’America di candidare la pizza american-style, era impossibile per gli Italiani non rivendicare la proprietà di una pietanza tanto gustosa quanto famosa.
La storia della pizza, in realtà, non è molto chiara, ma ha origini antiche. Le prime attestazioni scritte della parola “pizza” ci sono, addirittura, in testi scritti in latino volgare. I primi dati certi, però, si hanno dopo il 1700 nel Regno di Napoli: la pizza Marinara è stata creata nel 1734, mentre la pizza Margherita risale al 1796-1810. Il nome “Margherita”, infatti, è stato dato dal cuoco Raffaele Esposito in onore della regina Margherita di Savoia, a cui era stata più volte servita. L’uso di pomodoro, mozzeralla e basilico non era casuale: rosso, bianco e verde erano i nuovi colori del vessillo italiano.
La pizza conquistò subito sia i nobili che la povera gente e cominciò ad essere venduta per le strade, su bancarelle ambulanti. Con il passare degli anni, aumentò ulteriormente il consenso, tanto da essere proposta anche nelle trattorie e, in seguito, il locali appositi, chiamati “pizzerie”.
Già poco dopo la seconda guerra mondiale, la pizza era famosa in tutto il mondo e rappresentava un motivo d’orgoglio per gli Italiani.
Bisognerà, purtroppo, aspettare il 2017 per vedere valutata dall’Unesco la candidatura de “L’arte dei pizzaiuoli napoletani”. Il negoziato sarà lungo e complesso, perché non è stata mai inclusa nella lista Unesco una tradizione connessa ad una produzione alimentare. Nel frattempo si sta andando avanti con la raccolta firme per la petizione. L’obiettivo è arrivare a un milione di firme e, per ora, si è già vicini alle 900.