Questa settimana hai mangiato una carta di credito senza saperlo

Il WWF ha lanciato un allarme chiaro: in un anno ognuno di noi ingerisce 250 grammi di microplastica, pari a una carta di credito a settimana

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Sì, può essere inquietante prenderne coscienza, ma prima ce ne rendiamo conto, prima potremo invertire la rotta: ebbene, stando alle stime del WWF, ogni anno ingeriamo 250 grammi di microplastica, vale a dire quanto una carta di credito che in peso equivale a circa 5 gr o a 2000 frammenti di cui 1.769 particelle soltanto bevendo acqua.

Sono stati dei ricercatori dell’Università di Newcastle ad operare un’analisi globale dell’assunzione della microplastica attraverso gli alimenti prendendo in considerazione oltre 50 studi precedenti.

Quali sono gli alimenti più a rischio? Sicuramente l’acqua, e non c’è differenza tra quella corrente e quella in bottiglia (attenzione a come schiacciate la bottiglia per riciclarla), considerato che il 72,2% dell’acqua dei rubinetti europei contiene plastica (l’acqua corrente di USA e India è addirittura inquinata il doppio di quella del Vecchio Continente). Da non sottovalutare anche i molluschi bivalvi come cozze e vongole di cui mangiamo anche l’apparato digerente e per questo motivo è stato calcolato che vengono introdotti nel nostro organismo 182 frammenti di plastica ogni settimana.

Tra gli alimenti più contaminati di plastica, poi, annoveriamo anche la birra e il sale (un buon motivo per iniziare a mangiare meno condito!).

“I risultati – ha spiegato Marco Lambertini, direttore internazionale del WWF – segnano un importante passo avanti nel comprendere l’impatto dell’inquinamento da plastica sugli esseri umani e devono servire da campanello d’allarme per i governi. È un problema globale che può essere risolto solo affrontando le cause alla radice, cioè fermando i milioni di tonnellate di plastica che continuano a diffondersi nella natura”.

Per il momento non sono noti gli effetti delle microplastiche sull’organismo (a parte che fanno ingrassare), tuttavia la questione urge una soluzione condivisa e collegiale: “È necessaria un’azione urgente a livello di governi, di imprese e di consumatori – ha ribadito Lambertini –. Ricordando che ogni anno finiscono negli oceani 8 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui il 75% è costituito da plastica, lo studio australiano rileva anche il danno all’economia del mare stimato dal Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite in 8 miliardi di dollari all’anno”.

La #TrashtagChallenge sembra purtroppo essere passata di moda, sarebbe utile riportarla in auge per aiutare il pianeta… e il nostro stomaco.

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