Il 2023 potrebbe essere l’anno in cui gli scaffali di supermercati e botteghe alimentari rinunceranno a uno degli alimenti più amati, soprattutto dai bambini. Parliamo del latte fresco, la cui presenza sul mercato è messa a repentaglio dalla decisione di più di un’azienda italiana di puntare tutto sulla lunga conservazione e pastorizzazione – che permettono scadenze più lunghe –  a discapito del prodotto fresco che, invece, ha una scadenza ravvicinata. Proprio questo, insieme alle rinnovate abitudini di acquisto delle famiglie, sarebbe alla base del drastico cambio produttivo e strategico.

Dirottare la produzione concentrandola solo sul latte a lunga conservazione oppure pastorizzato andrebbe maggiormente incontro alle esigenze degli italiani che ormai prediligono prodotti da poter conservare a lungo in casa e non richiedano uscite, magari quotidiane, al supermercato o dal lattaio di fiducia. Inoltre, tale scelta potrebbe ridurre ampiamente gli sprechi delle grandi catene alimentari e delle stesse aziende produttrici. Basta citare il fatto che una parte considerevole del latte fresco in commercio arriva alla scadenza quando ancora si trova in vendita sullo scaffale oppure prima dell’utilizzo nel frigorifero di casa.

Le stesse aziende, poi, sono alle prese anche con l’aumento dei costi della materia prima, con le conseguenze della crisi energetica e con lo spettro della crisi idrica. La siccità, infatti, incide in maniera rilevante sulla produzione di latte dal momento che la mancanza di acqua priva i pascoli dell’erba di cui si nutrono le mucche, riducendo così la quantità di latte da mungere con conseguenze anche sui prodotti caseari.

Del resto, la pandemia ha messo in luce molte criticità della catena produttiva e gli interventi correttivi sono ormai divenuti necessari se non urgenti. Così, entro breve, potremmo salutare per sempre il latte fresco, in alcuni casi sostituito da una nuova tipologia di latte pastorizzato con caratteristiche simili all’alimento fresco ma con scadenza più lontana.