Di Usain Bolt ce ne è uno solo e, forse, mai un altro come lui ci sarà nemmeno in futuro.
Mentre il Re della velocità mondiale, dopo avere conquistato la terza medaglia d'oro olimpica consecutiva nei 100 metri, si apprestava a centrare l'ennesima finale della propria carriera nei 200 metri con una prova monstre, un altro velocista aveva fretta di scendere in pista. Stiamo parlando di Jeffrey Julmis, ostacolista haitiano che, prima della semifinale dei 110 metri ostacoli, si è esibito in una serie di gesti che a molti (se non a tutti) hanno ricordato i riti preparatori di Bolt. Julmis si è fregato le mani, ha guardato il polso, ha indicato un inesistente orologio, ha ammiccato alla telecamera, ha alzato le mani al cielo ed ha arringato la folla presente all'evento.
A differenza di quanto accade regolarmente con l'uomo più veloce del mondo, la cui "spocchia" è ripagata da risultati sportivi senza precedenti, in questo caso l'atteggiamento spavaldo dell'haitiano si è rivelato un vero e proprio boomerang, visto che l'atleta, dopo una buona partenza, è subito inciampato nel primo ostacolo cadendo rovinosamente a terra e dicendo addio alla finale. Disperato, Julmis si è subito rialzato ed ha concluso la gara. Peccato che i suoi rivali, tutti meno spavaldi ai blocchi di partenza, avessero già tagliato il traguardo da diversi secondi.
In questi Giochi, un altro atleta aveva già dovuto dire addio ad una finale, seppure per ben altri motivi, in modo piuttosto inusuale. L'Olimpiade di Yuri Van Gelder, ginnasta olandese, infatti, si è chiusa anzitempo in seguito ad una violazione del codice etico interno della propria nazionale, venendo così rispedito a casa dal Comitato Olimpico dei Paesi Bassi. Nonostante si fosse meritato l'accesso alla finale nella specialità degli anelli dopo un ottimo turno di qualificazione, l'esperto ginnasta, forse per stemperare la tensione, si era infatti concesso una bevuta di troppo che gli è però costata assai cara.