Sette vulcani sommersi sul fondo del Tirreno. È questa la straordinaria scoperta fatta da un team internazionale composto da geofisici, geologi e vulcanologi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dell’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, del Consiglio Nazionale delle Ricerche e del Geological and Nuclear Sciences della Nuova Zelanda. La ricerca, pubblicata sulla rivista “Nature”, ha evidenziato l’esistenza di una catena composta da 15 vulcani nel Mar Tirreno meridionale.
La struttura, lunga 90 chilometri e larga 20, si sviluppa in direzione Est-Ovest. “Il Tirreno Meridionale è caratterizzato dalla presenza di numerosi vulcani, alcuni emersi, come le Eolie, altri sommersi, come il Marsili – ha spiegato Guido Ventura, il vulcanologo che ha coordinato la ricerca -. Questa catena di vulcani, recentemente individuata e descritta nello studio, si estende da circa 90 km a sud della costa di Salerno fino a 30 km a est della costa di Sangineto, in Calabria. La catena, definita del Palinuro, – ha proseguito l’esperto – si estende in profondità da circa 3200 metri a 80 metri sotto il livello del mare. Questi vulcani rappresentano, nel loro insieme, un spaccatura della crosta terrestre dalla quale risalgono magmi provenienti dalle Isole Eolie, dal Tirreno centro-meridionale, e dall’area compresa tra la Puglia e la Calabria”.
Le informazioni raccolte hanno consentito di scoprire la dimensione dell’intera catena vulcanica, di cui fa parte anche il Marsili. “Inoltre molte di queste strutture vulcaniche presentano caratteristiche compatibili con l’apertura di micro-bacini oceanici dove si crea nuova crosta terrestre a seguito della risalita dei magmi lungo fratture – ha svelato Salvatore Passaro, il geologo marino dell’Iamc-Cnr -. Questi vulcani sono stati attivi sicuramente tra 300.000 e 800.000 anni fa, ma non è da escludere che siano stati attivi in tempi più recenti”.
“Lo studio è ancora all’inizio – hanno chiarito gli esperti -. La conoscenza della storia eruttiva di questi vulcani è ancora parziale e necessita di ulteriori dati e ricerche oceanografiche. Nonostante ciò, i risultati fin qui raggiunti rivoluzionano in parte la geodinamica del Tirreno e delle zone di subduzione nel mondo, e aprono nuove strade non solo alla ricostruzione dell’evoluzione della crosta terrestre, ma anche alla interpretazione e significato geodinamico delle catene vulcaniche sottomarine attive e degli archi insulari”.