Svelato il segreto dell'orecchio assoluto di Mozart

Un nuovo studio dell'Università del Delaware ha dimostrato che il segreto dell'orecchio assoluto di Mozart risiedeva nel cervello

13 Febbraio 2019

Una nuova ricerca è riuscita a far luce sulle origini dell’orecchio assoluto, ovvero la capacità di riconoscere le note musicali all’istante posseduta anche da Mozart.

Secondo uno studio condotto dall’Università del Delaware e pubblicato sul Journal of Neuroscience l’orecchio assoluto dipenderebbe da alcune caratteristiche del cervello, e potrebbe essere maggiormente sotto il controllo del Dna di quanto si credesse. Insomma, l’abilità di Mozart aveva ben poco a che fare con la sua esperienza di musicista, ma poteva considerarsi  un vero e proprio dono di natura.

Per arrivare a questi risultati, i ricercatori hanno esaminato il cervello di alcuni volontari che comprendevano musicisti con l’orecchio assoluto, musicisti di abilità simile ma privi della capacità di riconoscere precisamente le note, e persone con solo un minimo addestramento musicale. Hanno quindi messo a confronto le strutture e l’attività della corteccia uditiva (ossia la regione della corteccia cerebrale che riceve le informazioni di tipo uditivo) di ciascuno di loro.

Gli esperti hanno notato che i musicisti con l‘orecchio assoluto avevano una corteccia uditiva molto più grande rispetto agli altri, capace di rappresentare ed individuare le diverse note musicali anche senza una nota di riferimento. I risultati della ricerca fanno inoltre pensare che il Dna potrebbe avere una grande influenza sulla presenza o meno di questa capacità: circa un quarto dei musicisti con l’orecchio assoluto non aveva infatti iniziato a studiare musica prima dell’adolescenza, e questo fa presagire che la loro abilità sia in larga misura innata.

Si stima che in tutto il mondo pochissime persone siano dotate di orecchio assoluto. Tra le più famose ci sarebbe proprio Mozart: leggenda vuole il musicista austriaco fosse in grado di riconoscere immediatamente un brano dalla prima nota di esecuzione,  e di riuscire a memorizzare anche arie piuttosto lunghe dopo un semplice ascolto.

In molti si sono chiesti quanto questa abilità fosse merito della genetica e quanto invece dell’esperienza musicale, ma nessuno era riuscito prima d’ora a dare una risposta valida a questa domanda. I ricercatori dell’Università del Delaware sono i primi ad essere arrivati ad un risultato concreto, ma siamo certi che i risultati del loro studio non appanneranno in alcun modo il genio di Mozart.

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