In alcuni paesi il significato delle emoji non è quello che credi

Le emoji non hanno lo stesso significato in tutti i Paesi: ad influenzarne il senso, è infatti il contesto culturale di chi scrive

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Paese che vai significato delle emoji che trovi: le note faccine non esprimono sempre lo stesso concetto, che può variare anche molto da uno Stato all’altro.

Padrone indiscusse della comunicazione digitale, le emoji sono considerate da molti linguisti il “nuovo linguaggio universale“. Rapide, semplici da usare e immediate, le faccine possono stabilire immediata empatia con il destinatario, comunicando gioia, dolore, rabbia, stupore ecc. Ma siamo certi che il loro significato sia lo stesso dovunque? La risposta è no. Le emoji sono molto influenzate dal contesto culturale di chi scrive, ragion per cui dovete fare molta attenzione quando le usate con persone che vengono da altri Paesi.

Il “pollice in su” che in Occidente corrisponde all’ok, in Grecia e Medio Oriente è invece identificato come simbolo volgare ed offensivo. Se state invece chattando con un ragazzo/a cinese pensateci bene prima di inviare il simbolo delle mani che applaudono: lo interpreterà come una avance sessuale e non come un segno di approvazione. Ancora più rischiosa la faccina con un sorriso appena accennato: per i Cinesi è segno di sfiducia o il prendersi gioco di qualcuno.

Un altro esempio è fornito dalle mani giunte in segno di ringraziamento: questa emoji è tra le più usate in Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Turchia ed Indonesia, ma non rientra in top 10 per i Paesi Arabi, dove questo segno è generalmente associato alla preghiera islamica. In Giappone, invece, significa semplicemente “grazie” senza nessuna implicazione religiosa. Un altro studio ha invece dimostrato  nel 2017 che l’emoji più collegata all‘hashtag #ramadan nel mondo occidentale era un cuore rosso, mentre nei Paesi arabi si preferiva l’uso della luna crescente, che era associato all’idea di preghiera e digiuno.

Nonostante in alcuni casi le emoji possano quindi portare a dei fraintendimenti, i linguisti sono ancora fermamente convinti che possano rappresentare un importante mezzo di collegamento e non di divisione. Permettono infatti di stabilire un principio di comunicazione anche tra persone che parlano lingue diverse, e che quindi non potrebbero comprendersi con altro linguaggio che non sia quello delle faccine che, in un mondo globalizzato e digitale, ha quasi sostituito quello dei gesti.

 

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