Abbiamo intervistato Tommy Cash, il profeta del Post-Soviet rap

A pochi giorni dalla sua unica data italiana, abbiamo chiacchierato con Tommy Cash dei suoi cavalli, di sottocultura Soviet e di Pier Paolo Pasolini

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Viene dall’Estonia uno dei rapper più eclettici, complessi ed originali al mondo: stiamo parlando di Tommy Cash, cresciuto a Tallinn nel turbinio storico innescato dal crollo del Muro di Berlino.

Tomas Tammemets (questo il suo vero nome) nasce infatti nel 1991, anno in cui l’Unione Sovietica si è formalmente sciolta. Viene dalla capitale dell’Estonia e cresce nei palazzoni del distretto di Kopli, ossia nella periferia più estrema, popolare e popolosa della città. Ma a differenza di tanti altri giovani della sua generazione, Tomas non scappa da quella realtà: anzi, la ama. Adora il “ghetto” di Tallinn, tanto da ripetere spesso che secondo lui è la parte della città che più somiglia a Detroit. Anche nello stile, Tommy Cash rivendica la sua appartenenza alla periferia dell’Est Europa: non rifugge le sue radici, ma le abbraccia e le porta all’estremo, ne fa arte. Ed è proprio questo sua attitudine a renderlo oggi uno dei personaggi più carismatici e interessanti della scena hip-hop internazionale.

Tommy Cash è un mix di stili difficili da definire, è originalità e contaminazione, è rap e techno, è classico e anche pop. La sua passione per la musica nasce quando era solo un adolescente e si trova per caso a frequentare una classe di hip-hop: è stato un vero e proprio colpo di fulmine. Il giovane Tomas inizia infatti a ballare – tanto che inizialmente era conosciuto come dancer freestyle più che come musicista – e da allora non si è più fermato. Nel 2013 prova per la prima volta a mettere quest’uragano di suoni che ha in testa su spartito: il debutto su YouTube avviene con “Guez Whoz Bak”. Il singolo ha oggi 1,6milioni di visualizzazioni, destinate a salire vista la popolarità che ha investito Tommy Cash soprattutto negli ultimi tempi. Nel 2014 è invece uscito il suo primo album, “Euroz Dollaz Yeniz”.

Sono soprattutto i suoi video ad attirare l’attenzione del pubblico, così come anche i testi, il flow e il suo stile post-Soviet, che lo ha resto il profeta indiscusso di questa nuova corrente. Il rapper ha sdoganato uno stile di vita (anche nel modo di vestirsi e atteggiarsi) tipico dell’Est Europa, facendolo diventare cool e di tendenza, tanto che proprio quest’anno ha lanciato addirittura una linea di abbigliamento.

Abbiamo chiacchierato con Tommy Cash a pochi giorni dal suo primo – e per ora unico – live italiano, fissato per il 12 aprile al Magnolia.

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Sei nato nel 1991, l’anno esatto in cui l’Estonia si è liberata dell’occupazione sovietica e ha iniziato a sviluppare una propria cultura. Come è stato crescere insieme al proprio Paese?

Non avevo niente da fare in realtà, ero lontano da tutto e da tutti. E’ sempre stimolante crescere in qualsiasi posto di cui sei originario, in più io ero completamente isolato da tutto e per questo mi sentivo ancora più connesso al mio luogo d’origine. E la cosa ancora più divertente è che c’erano tanti, tantissimi ragazzi come me.

Anni ‘90, sobborghi di Tallin. Quale eco di musica occidentale arrivava?

Va bene che crescevo velocemente, ma ero molto piccolo ai tempi (ride). Hai presente i giornalai, che sono allo stesso tempo commercianti agli angoli delle strade, ma recepiscono informazioni da ogni giornale che vendono? Allo stesso modo sentivo arrivare musica, ma non approfondivo mai più di tanto. Per esempio ero incuriosito da Tom Jones, pensavo che mi sarebbe piaciuto essere come lui.

E’ per questo che hai provato – prima della musica – la strada del ballo?

E’ una cosa che leggo spesso negli articoli su di me, ma non è del tutto vero che sono stato un ballerino, o almeno non sono mai stato il ragazzo che amava definirsi con delle categorie, tipo quelli che scrivono su Instagram “ballerino, designer, modello, …”. Tutte cazzate: sii quello che sei e basta. Ho sempre cercato di interessarmi e mai di limitarmi.

Sei considerato il profeta del Post-Soviet, una corrente estetica che oggi – grazie anche a gente come Gosha Rubchinskiy nella moda – sta mutando da sottocultura a cultura dominante. Trasfigurando brand occidentali (come Adidas e Fila) o i suoni tipici delle metropoli occidentali, siete andati a influenzare addirittura la cultura da cui questi stessi stimoli provenivano.

E’ una sottocultura che piace perché ha origine dalla vita quotidiana. Ormai ci sono più elementi provenienti dalla cultura americana da questa parte del globo, che in America stessa. A tutto ciò viene aggiunta una certa dose di normalità: a noi piace recuperare, ricucinare, ribrandizzare. Penso che tutto ciò sia molto figo ma allo stesso tempo non capisco la direzione che sta prendendo: è in atto una deriva quasi ironica della moda e ultimamente anche i grossi brand stanno iniziando a recuperare elementi Soviet, pensa a Gucci. L’aspetto triste è che non esiste una sottocultura in questo momento: il 70% delle persone veste come Gosha non sapendone il motivo. Questo è il problema, la sottocultura sta diventando cultura dominante: vedere Kim Kardashian che indossa questa roba mi fa strano, mi disorienta. Per carità, da una parte è figo perché per la prima volta questa sottocultura viene esposta a così tanta gente come mai in precedenza, ma allo stesso tempo un sacco di persone stanno iniziando a venire qui in mezzo al nulla, pensando che sia un posto figo. Non voglio turisti in questo cazzo di posto.

Vivi ancora a Tallin?

Assolutamente sì.

Pensi che sarà così anche nei prossimi anni?

Sì, sono quasi sicuro che sarà così. I sentimenti che questi luoghi mi regalano sono tutto ciò di cui ho bisogno per non perdermi.

Essere in qualche modo isolato ti aiuta nel processo creativo?

Decisamente. Amo ogni posto in cui vado, lo trovo strafigo, ma nulla mi dà ispirazione come questo senso di niente, mi fa venir voglia di fare qualcosa.

Anche perché se non c’è niente, è ancora tutto da creare. Tutti i tuoi video – a proposito di creatività – sono scritti e diretti da te, vuoi avere un controllo oserei dire maniacale sul prodotto visivo. Per realizzare il video di “Pussy Money Weed” hai impiegato sei mesi, un tempo in cui mediamente si gira un film. Come mai così tanto tempo?

Perché mi piace tagliare, mi piace rifare e oltretutto la città dove ho girato il video non era la mia, questo ha richiesto un bel po’ di tempo. Sei mesi è stato il tempo complessivo che ha richiesto trovare la giusta location, trovare il cast, le maestranze e tutto il resto. Ovviamente avrei voluto metterci meno tempo, ma comunque ho fatto un bellissimo lavoro, per cui chissenefrega. Ci sono due modi di sviluppare una buona idea, una è andare molto veloce ma con me non ha mai funzionato, non riesco a lavorare in questa maniera. O lo fai molto veloce, o lo fai molto bene.

Parli spesso delle tue ispirazioni musicali, meno di quelle cinematografiche. So che ami Jodorowsky e Kubrick, per esempio.

Sono diversi gli approcci alla regia che mi piacciono, anche se tra tutti preferisco quello aperto alle interpretazioni, per questo amo un regista come Kubrick.

Un po’ di cinema italiano lo mastichi?

Certo.

Non so se conosci Pier Paolo Pasolini, la tua ossessione plastica per i corpi mi ha ricordato certe sue rappresentazioni.

Sinceramente no, ma approfondirò di sicuro.

Fammi sapere, sono abbastanza sicuro ti piacerà. Ascolta, ho visto una recentissima foto in cui cavalchi una stupenda Harley Davidson con una pettinatura alla Goku. Sta per uscire un nuovo video?

Sì, hai indovinato, anche se potrebbe essere tranquillamente una mia giornata tipo da queste parti (ride). Stanno per uscire molti nuovi video, ci stiamo lavorando proprio in questo momento.

A proposito di cavalcare, parliamo un po’ dei tuoi due cavalli, so che li ami alla follia.

Ultimamente purtroppo li sto un po’ trascurando per via del lavoro, è tanto che non mi faccio una bella cavalcata.

Come si chiamano?

Zaz and Zodiac. Sono carinissimi, adesso sono tutti contenti perché sta arrivando la bella stagione.

Non amano il freddo?

Oh, non saprei. Sicuramente la neve gli piace, ma credo che ancor di più gli piaccia l’estate.

Tommy, quello di giovedì prossimo è il tuo primo live in Italia.

Primissimo.

Come te lo immagini il pubblico italiano?

So che gli italiani possono essere anche molto maleducati, ma sono sicuro che le persone che verranno al mio concerto sono i migliori in città (ride).

Verificheremo di persona, grazie Tommy.

Tommy cash live Fonte: Redazione

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