La storia del calcio è costellata di racconti di potenziali campioni che si sono persi per strada. La vicenda di Vincent Pericard è una di queste. Francese ma di origini camerunesi, Pericard, da giovanissimo, era considerato un potenziale crack.
Talmente forte che, a 17 anni, viene ingaggiato dalla Juventus. In due anni a Torino gioca un paio di spezzoni di partite ma non lascia il segno come tutti si aspettavano. Inizia così a cambiare maglia in maniera vorticosa. Portsmouth, Sheffield Utd, Plymouth e, successivamente, nel 2006, l’approdo allo Stoke City.
E’ con i Potters che Pericard perde contatto con la realtà: “E’ un posto orrendo e molte persone pensavano al suicidio. Pure io. Pensavo le cose più brutte. Lì nella zona non sono poche le persone con tendenze suicide. Stavo male, ma trovai la forza di parlarne con il manager e chiedere una pausa perché ormai ero entrato in un circolo vizioso pericoloso”, le sue parole al The Sun.
Circolo vizioso che lo porta, nel 2007, ad avere gravi problemi con la giustizia. Viene arrestato e incarcerato per quattro mesi (ma esce, in libertà vigilata, dopo qualche settimana) per aver mentito su chi fosse al volante dell’auto fermata per eccesso di velocità. Ha anche problemi con il braccialetto che gli viene dato per poterlo controllare.
Dopo essersi ritirato, ufficialmente, nel febbraio del 2012 (a 30 anni), nel 2015 si è rivisto nuovamente in campo nella decisamente poco qualitativa Wessex League. Pericard ha anche messo a frutto le sue dolorose esperienze, fondando una compagnia che, come obiettivo finale, ha quello di “…aiutare i giocatori stranieri ad ambientarsi nei loro nuovi club, impedendogli di finire nel vortice della solitudine e della depressione”.