Una volta c’erano gli influencer con i loro post sponsorizzati, migliaia di follower e un lungo elenco di aziende in cerca di collaborazioni proficue.
Ora però sembra che l’epoca degli influencer stia per finire ed è il momento di lasciare spazio ad una nuova evoluzione del marketing. Ora infatti ci sono gli influser, definizione che nasce dalla fusione di “influence” e “user”. L’azienda italiana che applica la strategia degli influser è proprio Influse, società fondata a fine 2016, che ha lavorato per grandi brand come Nike, Mini, Microsoft, Adidas e Absolut.
Gli influser sono quasi influencer, ma inconsapevoli: sono persone e non professionisti, in grado di influenzare in modo naturale i gruppi nei quali sono inseriti. Non sono quindi esperti, ma veri e propri utenti che scelgono le novità da testare prima degli altri. Trovare gli influser non è semplice ed è necessario fare qualche ricerca: l’azienda Influse ha per esempio commissionato una ricerca a Doxa e ha creato uno strumento innovativo, l’Influser Detector, grazie allo psicologo Simone Crisciani. Insomma un vero e proprio trova influser!
Di influser esistono vari tipi: ci sono i profeti, i pionieri e gli apripista. Il loro identikit è piuttosto preciso: più uomini che donne, hanno un livello di istruzione medio e la loro età viaggia tra i 18 e i 35 anni. Sono molto attivi, soprattutto nel settore digitale, hanno interessi particolari e molto sociali e rappresentano circa il 5,5% dei consumatori.
Proprio perché sono persone dai gusti particolari e ben definiti, appartengono spesso a nicchie. In più, si incuriosiscono facilmente e seguono molti gruppi e siti web su argomenti specifici, anche in lingua straniera. Qui gli influser trovano novità in ambito tech, della moda, del cibo, dello sport e dei viaggi.
Come lavora però un influser? In realtà non lavora propriamente. O meglio, lo fa indirettamente. Una volta che chi deve costruire la strategia di marketing ha scelto cosa pubblicizzare, Influse sceglie e contatta i siti di nicchia e i gruppi Facebook prescelti, dove cioè gli influser che interessano maggiormente all’azienda sono più attivi e partecipi. Coloro che amministrano gruppi e siti di nicchia pubblicheranno i contenuti da pubblicizzare e l’influser in modo inconsapevole troverà i contenuti originali e creerà il passaparola necessario.
D’altronde cosa funziona meglio se non il passaparola di un amico? Infatti la strategia sembra funzionare e ha portato ottimi risultati in alcune campagne di sperimentazione fatte con importanti aziende. E ora, cosa faranno gli influencer?