Peste suina, molto pericolosa per gli animali. E per l'uomo?

I suini infetti devono essere abbattuti per evitare la diffusione della malattia e lo sviluppo di focolai

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

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La peste suina africana torna a destare allarme tra gli allevatori di alcune regioni del nostro paese. I casi acccertati sinora riguardano tre allevamenti lombardi nella provincia di Pavia, mentre la Regione Veneto, in via precauzionale, ha fatto scattare i restrittivi protocolli di sicurezza, tra cui controlli attenti prima e dopo la macellazione. Nel comparto c’è apprensione, per un’infezione virale che colpisce i suini domestici e selvatici, ma che è bene precisarlo, non è trasmissibile all’uomo, quindi non comporta alcun rischio.

Questa malattia, però, è altamente infettiva e spesso mortale per gli animali che ne vengono colpiti, per i quali non c’è neanche un vaccino perché si tratta di un virus incapace di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti, un fattore che rende estremamente complicata la preparazione di un vaccino.

La peste suina africana deve il suo nome al continente in cui è stata scoperta, l’Africa per l’appunto, nel 1921 e qualche decennio dopo è stata segnalata in Europa, tra cui l’Italia per la prima volta nel Italia 1967 ed anche in America del Sud. Fino alla fine degli anni ’90, però la PSA è stato un pericolo sottostimato, finché nel 2007 l’infezione è stata segnalata nel Caucaso, provocando immediatamente l’allarme degli esperti a livello internazionale. In quest’area, la malattia ha trovato le condizioni ideali per diffondersi, non solo nella fitta rete di allevamenti familiari caratterizzati da uno scarso livello di biosicurezza, ma anche nella popolazione di cinghiali.

Il 7 gennaio 2022 il Centro di Referenza Nazionale per lo studio delle malattie da Pestivirus ed Asfivirus dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e Marche ha confermato la positività in un cinghiale trovato morto in Piemonte, nel Comune di Ovada, in provincia di Alessandria. A maggio 2022 casi di malattia sono stati riscontrati in Lazio, in provincia di Roma, incluso un focolaio in un piccolo allevamento sito in zona infetta, e maggio 2023 anche in Calabria e Campania sono state ritrovate alcune carcasse infette, rispettivamente in Provincia di Reggio Calabria e Salerno.

Del fatto che la peste suina africana non sia una malattia pericolosa per l’uomo, abbiamo già detto, anche se avvenisse un contatto diretto con animali malati, o tramite alimenti di origine suina. L’uomo, però, può essere veicolo di trasmissione del virus attraverso la contaminazione di veicoli, indumenti, attrezzature, cibo di origine o contenente carne suina, anche stagionata.

Veniamo, allora, alla trasmissione. I suini ed i cinghiali si contagiano attraverso il contatto con animali infetti, compreso il contatto tra suini che pascolano all’aperto e cinghiali selvatici; ingestione di carni o prodotti a base di carne di animali infetti; contatto con qualsiasi oggetto contaminato dal virus, come abbigliamento, veicoli e altre attrezzature; morsi di zecche infette. Infine, la circolazione di animali infetti, i prodotti a base di carne di maiale contaminata e lo smaltimento illegale di carcasse sono le modalità più rilevanti di diffusione della malattia.

Il virus può rimanere vitale anche fino a 100 giorni sopravvivendo all’interno dei salumi per alcuni mesi o resistendo alle alte temperature. Nel sangue prelevato è rilevabile fino a 18 mesi. La malattia, pur non rappresentando un pericolo sanitario per l’uomo, è causa di un importante impatto socio-economico nei Paesi colpiti in quanto è causa di ingenti perdite a carico del settore zootecnico suinicolo.

Le norme europee in vigore prevedono l’abbattimento dei suini domestici in cui è stato riscontrato il focolaio e il blocco delle movimentazioni e commercializzazione al di fuori dell’area infetta, compresa l’esportazione, proprio per evitare la diffusione della patologia.

Comunque tutti i prodotti a base di carne suina possono essere consumati in sicurezza, perché il virus della PSA, come abbiamo precisato, non è trasmissibile all’uomo, anche se i rifiuti devono essere correttamente smaltiti.

 

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