Come fare soldi vendendo abiti usati su app e social: il trucco

Scopri il trucco per provare a fare soldi vendendo abiti usati sulle app e sui social. Basta seguire qualche semplice regola.

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Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

Negli ultimi anni, la pratica di vendere abiti e accessori usati ha conquistato sempre più popolarità anche in Italia, grazie alle nuove piattaforme online e alle app. Facilmente accessibili attraverso i social media e i mezzi tradizionali, questi strumenti offrono un modo semplice e veloce per gestire il processo di vendita. Basta scattare qualche foto, caricare una breve ma dettagliata descrizione, fissare il prezzo e pubblicare. Questa forma di riciclo rapida non solo consente ai venditori di guadagnare da oggetti non desiderati, ma contribuisce anche a promuovere un’economia circolare domestica, liberando spazio per nuovi acquisti.

Il trucco per fare soldi vendendo abiti usati su app e social

La vendita di abiti usati su app come Vinted, eBay o Wallapop può essere un’ambizione comune, ma pochi riescono a trasformarla in realtà. La chiave del successo risiede nell’adozione di strategie di vendita intelligenti, simili a quelle necessarie per gestire un negozio fisico. La cortesia, la precisione e la puntualità sono fondamentali, ma non sono gli unici aspetti da considerare. Prima di iniziare, è cruciale documentarsi, studiare una strategia e poi metterla in pratica.

Quando si decide di vendere vestiti usati, la prima cosa da fare è esaminare attentamente il proprio armadio e selezionare quei capi in buono stato che potrebbero interessare ad altri. Evitare di vendere prodotti danneggiati è essenziale, poiché potrebbe compromettere la propria reputazione e far sì che si venga bollati come un venditore di articoli di scarsa qualità. Inoltre, rispondere cortesemente a chi richiede informazioni è altrettanto importante, in quanto crea un’esperienza positiva per il potenziale acquirente.

Un consiglio prezioso è evitare di accettare offerte troppo basse e di non cedere alla fretta. Gli acquirenti cercano spesso di trattare, ma accettare la prima offerta – specialmente se notevolmente inferiore al prezzo stabilito – potrebbe non essere vantaggioso. La pazienza è la chiave per ottenere un prezzo equo e massimizzare i guadagni.

Infine, investire tempo nella realizzazione di foto di alta qualità è fondamentale. Utilizzando uno smartphone e sfruttando una buona illuminazione, è possibile presentare i capi nel modo migliore. Tuttavia, non nascondere eventuali difetti; anzi, fotografarli può prevenire malintesi e contribuire a instaurare una relazione di fiducia con l’acquirente.

Attenzione alle normative sull’utilizzo di queste App

Tuttavia, come ogni strumento che non si conosce a fondo, anche queste app potrebbero nascondere qualche lato sconosciuto che è bene chiarire per non avere brutte sorprese. C’è, infatti, una recentissima normativa UE – datata 1° gennaio 2023 – che prevede la dichiarazione dei guadagni oltre una certa soglia di vendita. Secondo la nuova regolamentazione comunitaria in materia fiscale, le piattaforme devono comunicare alle autorità i dati relativi ai guadagni degli utenti.

Quindi, gli stessi servizi di vendita dell’usato sono chiamati a fornire le informazioni degli utenti che, in un anno, hanno guadagnato somme superiori ai 2mila euro oppure hanno superato quota 30 vendite. Qualora, dunque, vi sia uno dei due requisiti, occorre compilare il formulario DAC7 inviato automaticamente dalla piattaforma. In caso di mancata comunicazione dei dati, i siti potrebbero optare per una riduzione delle funzioni di acquisto e vendita per il profilo che non ha fornito quanto richiesto.

I marketplace nel mirino del fisco

La stretta viene dal Regno Unito, il cui organo doganale e fiscale, l’HMRC ha annunciato nuove regole che interessano le persone che utilizzano le piattaforme di marketplace più popolari, dove si possono comprare e vendere oggetti usati, come eBay e Vinted, mentre su Airbnb si possono affittare stanze, case, appartamenti. Tutte forme per aumentare le proprie rendite

Questo rientra nella decisione del governo inglese di combattere gli evasori fiscali. Ma cosa sta cambiando esattamente e potrebbe, presto, riguardare anche l’Italia? Dal 1° gennaio, le piattaforme online sono state istruite a registrare quanto denaro viene guadagnato dagli utenti che utilizzano i loro siti o app, per poi comunicarlo a HMRC.

Tutte queste piattaforme digitali devono segnalare i redditi dei venditori entro gennaio 2025, mentre in precedenza, HMRC doveva richiedere l’accesso a queste informazioni. Tuttavia i dettagli non saranno condivisi nell’immediato, ma le piattaforme online dovranno passare le informazioni solo nel caso si vendano 30 o più articoli all’anno, con guadagni totali o superiori all’equivalente di €2.000, oltre duemila euro. Se invece i guadagni sono inferiori a questa cifra, il profitto deve essere segnalato a HMRC tramite un’autodichiarazione, per poi pagare le tasse adeguate al guadagno annuale.

Quali sono le regole in Italia?

In Italia, l’attività di vendita di beni e prodotti su internet si articola in tre scenari distinti, ognuno con conseguenze fiscali diverse:

  1. Vendite non configuranti attività commerciale: Non soggette a tassazione. Rientrano qui le vendite occasionali di oggetti “una tantum”, come mobili, automobili, o vestiti usati.
  2. Vendite online come attività commerciale occasionale: Tassabili ai fini IRPEF. Coinvolgono una minima organizzazione e un intento speculativo. La partecipazione a mercatini o la pubblicizzazione degli oggetti online rientrano in questa categoria.
  3. Vendite configuranti attività commerciale abituale: Producono un reddito d’impresa. Coinvolgono vendite sistematiche e continue, come nel caso di partecipazioni frequenti a mercatini o l’apertura di un negozio virtuale.

È fondamentale distinguere tra vendite occasionali ed abituali, considerando la sistematicità e l’organizzazione dell’attività. La comunicazione dei dati di transazione da parte dei marketplace online, introdotta nel 2019, permette all’Agenzia delle Entrate di monitorare le vendite e individuare posizioni irregolari.

Per determinare il tipo di attività svolta, è essenziale valutare le modalità specifiche e considerare sempre ogni caso individualmente. Le vendite occasionali, come la cessione di oggetti “una tantum”, non sono rilevanti ai fini fiscali e non richiedono dichiarazione dei redditi. 

La partecipazione ad un mercatino per vendere oggetti non più utilizzati, è il classico esempio di attività commerciale occasionale.

L’episodicità della vendita fa si che l’attività non possa essere inquadrata come “commerciale“, a prescindere dal corrispettivo economico ottenuto dalla cessione stessa.

Pensa al caso della vendita di un mobile, di un auto, un tappeto, un quadro, o un vestito che non mettiamo più, che avviene in modo del tutto episodica. Pensa alla vendita fatta nei confronto di un amico, o di un qualunque soggetto che ne sia interessato. Nulla cambia se la cessione avviene o meno su internet, tramite un sito o un portale di vendite online.

Le vendite abituali e sistematiche richiedono l’avvio di un’impresa a tutti gli effetti, con obblighi fiscali complessi, tra cui la richiesta di partita IVA e comunicazioni alle autorità competenti.

L’attività commerciale occasionale, anche se soggetta ad IRPEF, non è però rilevante ai fini Iva. Quindi, non è necessario istituire i relativi registri ed emettere fattura.

Ulteriore aspetto da analizzare riguarda l’intento speculativo o meno del soggetto cedente. Questa variabile entra in gioco soprattutto per tutti quei beni che possono essere definiti come oggetti da collezione come orologi, automobili o motociclette d’epoca, giocattoli, etc. In questi casi, quando il valore dei beni può essere destinato a crescere nel tempo occorre valutare se il maggiore valore derivante dalla vendita possa rappresentare reddito.

Per evitare sanzioni e accertamenti fiscali, è consigliabile regolarizzare la propria posizione immediatamente. La comunicazione dei dati delle transazioni effettuate da parte dei vari marketplace online permetterà di effettuare dei controlli incrociati da parte dell’Agenzia delle Entrate. I controlli riguarderanno l’incrocio tra i dati presenti in dichiarazione dei redditi e quelli trasmessi dai marketplace. In questo modo le Entrate potranno verificare la corretta indicazione dei redditi percepiti in dichiarazione.

Per questo motivo il consiglio non può che essere quello di regolarizzare immediatamente la propria posizione con tutti gli enti coinvolti.La consulenza di un commercialista esperto è essenziale per comprendere appieno le implicazioni fiscali e per evitare errori che potrebbero causare problemi in futuro.

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