Bevi troppi caffè? Ecco cosa accade al tuo cervello

Uno studio portoghese indaga gli effetti cerebrali del caffè, con risultati sorprendenti

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I pareri del mondo scientifico sul caffè non sono tutti unanimi quando si tratta di capire se fa bene o no al nostro organismo. Quel che è plausibile pensare è che sia meglio non esagerare con le quantità per evitare di andare incontro, ad esempio, a problemi di natura cardiovascolare.

Oggi però vogliamo concentrarci su uno studio che ha analizzato gli effetti di questa bevanda sui cambiamenti a livello cerebrale in chi la assume regolarmente più volte al giorno. A fronte di già noti benefici a breve termine a livello cognitivo, come una maggiore attenzione e concentrazione, i ricercatori dell’università del Minho, in Portogallo, evidenziano nel loro lavoro, pubblicato su Molecular Psychiatry, che nei consumatori assidui di caffè si osservano differenze nell’attivazione di alcuni circuiti neurali.

La caffeina, lo sappiamo tutti, è una sostanza stimolante, e i suoi effetti a breve termine sono ben noti. Può infatti favorire la concentrazione, tenendo alta l’attenzione e la memoria. Quel che resta da indagare meglio invece sono gli effetti a lungo termine e che cosa accade nel cervello di quelle persone che bevono molto caffè.

Ed è qui che si inserisce la ricerca dell’università di Minho, che si è concentrata sul funzionamento cerebrale di chi beve più di una tazzina di caffè al giorno attraverso immagini di risonanza magnetica funzionale. Lo studio ha portato alla luce un’alterazione – in meglio – nella connettività cerebrale, ovvero un rafforzamento delle connessioni tra diverse parti del cervello.

Più nel dettaglio i ricercatori hanno scoperto che negli amanti del caffè ci sarebbe un’elevata connessione tra talamo e cervelletto, responsabile del controllo motorio. Non solo: ci sarebbe pure una maggiore attività dinamica tra diverse aree cerebrali e subcorticali del cervello. Gli studiosi ritengono che questa attività abbia come effetti una maggiore concentrazione e attenzione, ma anche un migliore apprendimento e memoria.

I risultati però riguardano un campione ristretto di persone, quindi è ancora presto per saltare a conclusioni che possano essere generalizzate.

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