Fonte: 123rf

Scorie nucleari, mappa dei depositi in Italia: verifica le zone

Scelti 51 siti per le scorie nucleare, ma riguarsa solo 6 regioni italiane, tra cui Lazio e Sardegna

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha svelato la lista delle 51 aree in Italia considerate idonee per ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari. Queste località sono destinate a diventare il luogo di stoccaggio di 78.000 metri cubi di rifiuti radioattivi a bassa e media intensità, oltre a ospitare temporaneamente 17.000 metri cubi ad alta intensità provenienti dalle ex centrali e altri impianti nucleari.

La pubblicazione della lista apre ora un periodo di un mese durante il quale gli enti territoriali possono presentare le loro autocandidature, una corsia parallela indicata dal governo per facilitare la scelta del sito. Finora, nessun Comune potenzialmente idoneo ha espresso il proprio favore, rendendo questo passo cruciale per sbloccare il processo.

Come chiarito dal MASE, infatti, gli enti territoriali le cui aree non sono presenti nella proposta di CNAI (Carta nazionale delle aree idonee per il deposito nazionale delle scorie radioattive) e il Ministero della difesa per le strutture militari interessate possono – entro trenta giorni dalla pubblicazione della Carta – presentare la propria autocandidatura chiedere al Ministero e alla Sogin di avviare una rivalutazione del territorio stesso per verificarne l’eventuale idoneità. Quindi le tempistiche potrebbero dilatarsi ulteriormente.

Tuttavia, nonostante l’urgenza di trovare una soluzione, il processo si prevede lungo: almeno un anno sulla carta per chiudere la fase di selezione del sito e ben quattro anni per completare la realizzazione del deposito nucleare. In pratica, la prospettiva di vedere la fine del tunnel entro il 2030 sembra essere una sfida complessa e ritardata rispetto alla tabella di marcia iniziale, considerando che l’Italia avrebbe dovuto riportare le sue scorie dall’estero entro il 2025.

Lazio al Centro dell’Attenzione

Con ben 21 siti individuati nel Lazio, la mappa elaborata da Sogin, la società pubblica responsabile del progetto, ha focalizzato l’attenzione su località come Montalto di Castro, Canino, e Soriano nel Cimino, suscitando una vivace opposizione da parte dei sindaci locali. La contesa si è intensificata, portando ad un acceso dibattito tra coloro che si oppongono al piano e coloro che ritengono prioritaria la sicurezza energetica nazionale.

Le aree selezionate per le scorie radioattive

I 51 siti sono raggruppati in 5 zone ben precise, su 6 regioni.

– In PIEMONTE (5 siti) la zona adatta è in provincia di Alessandria, nei comuni di Bosco Marengo, Novi Ligure, Alessandria, Oviglio, Quargnento, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, Fubine Monferrato.

– Il LAZIO ha il maggior numero di siti idonei (21), tutti nel viterbese, nei comuni di Montalto di Castro, Canino, Cellere, Ischia di Castro, Soriano nel Cimino, Vasanello, Vignanello, Corchiano, Gallese, Tarquinia, Tuscania, Arlena di Castro, Piansano, Tessennano.

– In SARDEGNA, gli 8 siti sono concentrati fra la provincia di Oristano e quella di Sud Sardegna, a Albagiara, Assolo, Usellus, Mandas, Siurgius Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus, Guasila.

– Fra PUGLIA e BASILICATA sono concentrati quindici siti: fra la provincia di Matera (Montalbano Jonico, Matera, Bernalda, Montescaglioso, Irsina) e i comuni di Altamura, Laterza e Gravina, con una appendice nel Potentino, a Genzano di Lucania.

– In SICILIA si trova la quinta e ultima zona, nel trapanese, con 2 aree idonee a Calatafimi, Segesta e Trapani.

Quali sono i criteri adottati?

Fra i criteri ci sono la lontananza da zone vulcaniche, sismiche, di faglia e a rischio dissesto, e da insediamenti civili, industriali e militari. Sono escluse le aree naturali protette, quelle oltre i 700 metri sul livello del mare, a meno di 5 km dalla costa, con presenza di miniere e pozzi di petrolio o gas, di interesse agricolo, archeologico e storico. E’ richiesta infine la disponibilità di infrastrutture di trasporto.

Cosa succede adesso

Il progetto del deposito comporta un cantiere imponente da 900 milioni di euro, coinvolgendo quattromila operai per una durata di quattro anni. Novanta costruzioni in calcestruzzo armato, denominate “celle”, saranno realizzate per ospitare i moduli in cemento che conterranno i contenitori di metallo con i rifiuti, creando un sistema a matrioska per sigillarli per i successivi 300 anni.

Oltre a garantire una soluzione per lo stoccaggio delle scorie nucleari, l’impianto comporterà la creazione di un parco tecnologico dedicato alla ricerca e allo studio sui rifiuti nucleari. Un aspetto cruciale è anche l’apporto economico stimato in un milione di euro.

Nel frattempo, nel 2025, l’Italia è chiamata a riportare dal’estero 235 tonnellate di rifiuti atomici ad alta e media intensità, precedentemente stoccati in attesa della costruzione dell’impianto. Un’operazione complessa, specialmente considerando le recenti preoccupazioni emerse attorno al sito di stoccaggio nel Regno Unito a Sellafield, coinvolto in un grave attacco informatico dal 2015.

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