Perché quello di Fabrizio De André è un mito che dura ancora oggi

Fabrizio De André è stato il cantautore che ha ridato dignità alla vita degli ultimi: un poeta capace di toccare le corde più intime dell’animo umano

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Sono passati vent’anni dalla morte di Fabrizio De André, uno dei più grandi cantautori mai esistiti.

Eppure, nonostante Faber sia ormai scomparso da tanto e abbia cantato in un’epoca a molti giovani oggi sconosciuta, il suo nome continua a essere ricordato e a essere osannato da tutti. Anche dai ragazzi giovanissimi che ascoltano generi musicali – come la trap – distanti anni luce dal mondo cantato da Fabrizio De André. Ma come mai Faber ancora oggi è citato e cantato in tutta Italia? Cosa ha fatto sì che quell’uomo gentile dalla voce profonda e malinconica rimanesse impresso nei cuori e nelle menti delle persone? Una delle risposte più immediate da dare è questa: De André non era solo un cantautore. Era un poeta che cantava la vita, il mondo che era e quello che invece sarebbe dovuto essere. Cantava le speranze e gli ideali di una generazione – quella del ’68 – le manifestazioni di piazza e le guerre. Cantava la speranza, la fine degli amori, la crudezza della vita e la dolcezza del volersi rialzare. Anche quando non si riusciva.

Come ha raccontato Dori Ghezzi in una recente intervista a Repubblica, Fabrizio De André ha raccontato il popolo. Quello umile, quello vessato, quello che doveva avere a che fare con i potenti: che a volte soccombeva e che tante altre lottava. Faber ha cantato tutte le sfaccettature della vita umana includendo i momenti felici e quelli drammatici, ma dando sempre un grande risalto al mondo interiore e alle emozioni delle persone.

Fabrizio De André è stato il cantante degli ultimi. Ha dato dignità alla vita di Bocca di Rosa, ha dato voce alle speranze e all’ingenuità di Angiolina. Ha mostrato la crudezza e la tristezza degli ultimi momenti di Piero, soldato mandato al fronte a sparare non sapeva nemmeno lui per quale motivo. Ha dato voce a Michè, che si è tolto la vita in carcere perché non poteva sopportare di stare lontano dalla sua Marì. Ha reinventato la storia di Marinella, una ragazza brutalmente uccisa a 15 anni da un delinquente, regalandole nelle sue parole un’esistenza meno crudele di quella avuta nella realtà. Ha cantato le dipendenze dalla droga e dall’alcol, levando lo stigma che solitamente accompagna le persone che ne sono affette.

Fabrizio De Andrè è stato – e non usiamo le parole di Pirandello a caso – “uno, nessuno e centomila”. Ha cantato tutti noi, soprattutto i più sfortunati. E ha dato dignità a delle vite che, altrimenti, non l’avrebbero mai avuta.

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