I dipinti di carta vetrata di Chris Soal: illusioni tattili che sembrano pennellate

Illusioni ottiche e tattili: i “quadri” di Chris Soal non si dipingono, si scolpiscono. E al MAXXI prendono vita.

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Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

Le sue opere, a un primo sguardo, sembrano delle tele dipinte da un tocco pittorico delicato, ma la verità è ben diversa: solo avvicinandoci possiamo scoprire che non c’è né colore né pennello ma solo carta vetrata, tappi di bottiglia, legno e cemento. Stiamo parlando delle opere di Chris Soal, un artista sudafricano che sta conquistando la scena dell’arte contemporanea grazie alla sua idea geniale: trasformare materiali poveri e di scarto in opere che sfidano la percezione del pubblico, tra sculture che possono essere lette con le pitture e superfici che vibrano come pelle viva. Tra queste c’è “Wear and Tear” realizzata seguendo una serie di principi artistici unici al mondo.

La materia che pensa: la tecnica e la poetica di Chris Soal

Nato a Johannesburg nel 1994, Chris Soal appartiene a quella generazione di artisti che vede nella scarsità una risorsa poetica. Nei suoi lavori, materiali come carta vetrata, stuzzicadenti e tappi di bottiglie di birra vengono riassemblati in composizioni complesse che sembrano respirare e avere una loro anima.

Le superfici abrasive diventano trame luminose, i frammenti metallici tessono mosaici di riflessi. Ogni opera nasce da un equilibrio fragile tra rigore e abbandono: l’artista plasma la materia, ma la lascia reagire, espandersi, mutare.

Utilizza il cemento come un tessuto, il metallo e il legno come colori, in una continua metamorfosi che annulla ogni confine tra natura e opera dell’uomo. Non sono oggetti, ma processi vitali che sembrano dotare la materia di una propria intelligenza, con un’anima ecologica nel senso fenomenologico e non moralistico, che mira a fare dialogo tra l’arte, l’uso e il consumo.

Il gesto creativo di Soal non distrugge, ma rigenera. Le sue opere sono “ecosistemi miniaturizzati”, paesaggi in cui la luce scorre sulle superfici come linfa, e la materia – anche la più umile – ritrova dignità e voce. Le sue “pennellate” di carta vetrata e metallo non rappresentano, ma evocano: diventano esperienze tattili e visive che spingono lo spettatore a interrogare il proprio modo di percepire.

Come nasce “Wear and Tear”, l’opera di Chris Soal

Tra le opere nelle quali possiamo meglio ammirare la sua tecnica c’è “Wear and Tear” del 2025, che giunge a noi in seguito a un processo creativo nel quale l’artista intreccia sperimentazione materica e riflessione percettiva in tutte le loro forme. Soal parte dall’uso della carta vetrata, materiale industriale associato all’usura e al lavoro manuale, trasformandola in un mezzo pittorico e concettuale. Nelle sue mani, la carta abrasiva diventa una superficie porosa e sensibile: una “membrana” che non separa ma connette, permettendo alle immagini di attraversarla anziché invertirsi, come accade nella stampa tradizionale

Wear and Tear” è quindi molto più di un’opera visiva, dato che diventa un esercizio di percezione ecologica: la superficie, logorata e vibrante, riflette il dialogo tra corpo, ambiente e materia. Sembra un quadro, ma è realizzata con una tecnica unica, che reinterpreta l’idea di pittura come esperienza tattile e fenomenologica, dove la materia stessa diventa il medium del pensiero.

chris soal wear tear

Spillovers al MAXXI: quando la scultura diventa ecologia sensoriale

Dal 19 ottobre al 27 novembre 2025, il Corner del MAXXI di Roma ospita Spillovers: Notes on a Phenomenological Ecology, la prima mostra personale in Italia di Chris Soal. Curata da Cesare Biasini Selvaggi e prodotta dalla Fondazione D’ARC in collaborazione con Piero Atchugarry Gallery e Montoro12 Gallery, l’esposizione raccoglie opere inedite e site-specific che esplorano il confine tra materia, biologia e percezione.

L’allestimento del MAXXI accompagna il visitatore in un paesaggio in trasformazione, dove la materia si fa organismo e la scultura si espande nello spazio come un ecosistema pulsante. Le opere respirano con la luce naturale del museo, creando un effetto di immersione totale: il pubblico non osserva, ma percepisce. Come in un laboratorio biologico, ogni superficie racconta un processo di mutazione, una rinascita.

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