Un nuovo studio lancia un allarme dai toni inquietanti: un terremoto di proporzioni apocalittiche potrebbe colpire la costa occidentale degli Stati Uniti entro il 2100, con una probabilità del 37% che ciò accada nei prossimi 50 anni. Il colpevole? La Cascadia Subduction Zone (CSZ), una faglia lunga circa 1.100 chilometri al largo della costa del Pacifico che si estende da Vancouver Island, in Canada, fino alla California settentrionale.
Minaccia silenziosa sotto l’Oceano
La CSZ è una delle faglie tettoniche ritenuta dagli esperti tra le più pericolose, dove la placca di Juan de Fuca scivola sotto quella nordamericana. Questo movimento, tutt’altro che fluido, accumula energia da secoli fino a un punto di rottura. E se dovesse accadere, allora si sprigionerebbe un terremoto devastante — stimato tra magnitudo 8.0 e 9.0 — che potrebbe abbassare istantaneamente la costa di quasi 2,5 metri e generare uno tsunami alto fino a 30 metri.
Secondo gli esperti della FEMA, la Federal Emergency Management Agency, un evento del genere potrebbe causare almeno 5.800 morti solo per il sisma e altri 8.000 per lo tsunami. Ma gli effetti non si fermerebbero lì: oltre 100.000 feriti, 618.000 edifici danneggiati o distrutti, tra cui più di 2.000 scuole e 100 infrastrutture critiche, per un costo dei danni stimato in oltre 134 miliardi di dollari.
Più aspettiamo, peggio sarà
Lo studio, condotto da un team internazionale guidato dalla professoressa Tina Dura del Virginia Tech, sottolinea che la minaccia sta diventando ancora più seria con il passare del tempo. Entro il 2100, l’innalzamento del livello del mare causato dal cambiamento climatico potrebbe superare i 60 cm, amplificando gli effetti di un futuro tsunami e aumentando le aree soggette a inondazioni.
“Durante il prossimo grande terremoto, quando la terra sprofonderà, si dovranno affrontare in pochi minuti gli effetti di secoli di innalzamento del mare,” ha spiegato Dura alla BBC Science Focus. Dopo il passaggio dello tsunami, vaste aree resteranno permanentemente più basse, con nuove piane alluvionali che si estenderanno per oltre 115 miglia quadrate in California, Oregon e Washington.
Una bomba a orologeria geologica
La CSZ è già “in ritardo” per un altro grande evento. L’ultimo terremoto risale al 26 gennaio 1700: una scossa di magnitudo 9.0 che innescò uno tsunami alto 30 metri, radendo al suolo interi villaggi come Pachena Bay, in Canada. I ricercatori stimano che eventi simili si verifichino ogni 400-600 anni, e sono passati già 325 anni dall’ultimo disastro.
Ecco perché gli scienziati sostengono che “è meglio che succeda prima che poi.” Col passare del tempo, infatti, l’aumento della popolazione costiera, delle infrastrutture e del livello del mare renderà il disastro ancora più devastante.
L’esempio più vicino è il terremoto di magnitudo 9.0 che colpì il Giappone nel 2011, causando uno tsunami che devastò intere città e provocò la catastrofe nucleare di Fukushima. La costa pacifica degli Stati Uniti è vulnerabile in modo analogo, ma con un grado di preparazione ancora insufficiente.
Prepararsi non è più un’opzione: è una necessità. L’urgenza non è solo scientifica, ma politica e sociale. Intervenire ora può salvare decine di migliaia di vite e ridurre danni economici incalcolabili. La natura, secondo gli studiosi, avrebbe già iniziato il suo conto alla rovescia.