In un’epoca in cui il tempo è diventato una risorsa sempre più preziosa, la tendenza ad ascoltare vocali, podcast, videolezioni e altri contenuti digitali a velocità accelerata è in costante crescita. Soprattutto tra i giovani, ma non solo. Che si tratti di un messaggio audio su WhatsApp, di una videolezione o di un podcast, la tentazione di risparmiare tempo è forte. E in effetti, i vantaggi ci sono: si possono consumare più contenuti nello stesso lasso di tempo o rivedere una lezione rapidamente prima di un esame. Tuttavia, questa pratica potrebbe avere un costo nascosto per la nostra memoria.
La velocità ostacola la memoria
Un recente studio pubblicato su Educational Psychology Review ha messo in luce gli effetti negativi della riproduzione veloce su memoria e apprendimento. Secondo Marcus Pearce, docente di scienze cognitive presso la Queen Mary University of London, la nostra memoria funziona in tre fasi: codifica, conservazione e recupero. Quando ascoltiamo contenuti verbali, il cervello ha bisogno di tempo per processare il significato delle parole e inserirle nel contesto corretto.
Pearce sottolinea che anche se possiamo comprendere discorsi accelerati fino a 300 o 450 parole al minuto (rispettivamente 2x e 3x), questo sovraccarica la memoria di lavoro, il sistema che gestisce temporaneamente le informazioni. Il risultato? Un “cortocircuito” cognitivo che impedisce di fissare correttamente ciò che si ascolta.
I dati parlano chiaro
Una meta-analisi su 24 studi ha analizzato l’effetto delle videolezioni a velocità diverse: da 1x fino a 2,5x. Il risultato è allarmante: alla velocità massima, si perde in media il 17% delle informazioni. Anche a 2x la perdita è significativa, mentre solo a 1,5x gli effetti negativi risultano limitati. I test, basati su domande a risposta multipla, hanno valutato quanto gli studenti riuscissero a ricordare.
E gli anziani?
Tra i partecipanti agli studi, gli adulti più anziani – tra 61 e 94 anni – si sono dimostrati particolarmente sensibili alla velocità di riproduzione. La loro memoria ha risentito, ovviamente, molto di più rispetto a quella dei giovani adulti fino a 36 anni; segno evidente, ma già dimostrato dalla scienza che con l’età la capacità di elaborazione rallenta.
Giovani più abituati, ma non più protetti
Nonostante i giovani sembrino più abituati alla riproduzione veloce, anche per loro gli effetti sulla memoria a lungo termine non sono trascurabili. I ricercatori sottolineano che non è ancora chiaro se l’allenamento costante a contenuti accelerati permetta di compensare gli effetti negativi. Potrebbe trattarsi solo di una maggiore familiarità con il mezzo, non di una reale capacità di elaborazione superiore.
Inoltre, abituarsi fin da giovani a un consumo rapido e frammentario dei contenuti potrebbe ridurre la capacità di concentrazione e indebolire la memoria nel lungo periodo, un aspetto cruciale soprattutto in ambito scolastico e universitario.
Velocizzare può essere utile in alcune situazioni, ma quando si tratta di apprendere davvero, è meglio prendersi il tempo giusto. Un ascolto più lento e consapevole non solo favorisce una migliore comprensione, ma consente anche al cervello di consolidare meglio le informazioni, trasformando ogni contenuto in conoscenza duratura. Perciò, la prossima volta che stai per premere “2x” su una lezione o su un podcast importante, chiediti: sto solo ascoltando, o voglio davvero ricordare?