Ogni volta che compriamo un nuovo smartphone o qualunque altro device elettronico sappiamo già che avrà una data di scadenza che ci costringe irrimediabilmente a buttarlo via e a comprarne uno nuovo, anche perché spesso la batteria non è sostituibile con facilità ma è ormai saldata all’interno del dispositivo stesso.

Molti sono ormai certi che si tratti di una caratteristica intrinseca della tecnologia ma in realtà si tratta di uno dei tanti metodi con i quali le aziende che la producono riescono a lucrare ancora di più sui consumatori.

La maggior parte degli smartphone o dei gadget elettronici in commercio come le cuffie bluetooth o gli smartwatch, infatti, ha una vera e propria deadline predefinata che dura 3 o 4 anni al massimo. Anzi, molti di loro sono stati progettati per essere gettati via, anche perché ripararli o aggiornarli è spesso più costoso rispetto a recarsi in negozio per acquistarne uno nuovo.

Quasi tutti i dispositivi di oggi hanno una batteria che prima o poi si esaurirà, dotata di una sorta di timer della morte incorporato che li rende prodotti ‘consumabili‘.

Molte aziende addirittura, hanno rivelato sui loro siti web il numero esatto di cicli di ricarica che la batteria dei propri dispositivi può supportare prima che la capacità della stessa scenda all’80% o meno.

Non è facilissimo trovarla, bisogna stare a spulciare bene i siti web dei produttori e le caratteristiche dei singoli prodotti. Molte di più, però, sono le aziende che non pubblicano nulla a riguardo lasciando a quello che sembra essere il caso ogni possibile risposta su questo argomento.

Molte associazioni di consumatori stanno da tempo facendo presente il problema, chiedendo maggiore trasparenza da parte dei produttori. Riusciremo ad averne in un giorno non lontano? Oppure le aziende faranno muro per tempi biblici fino a quando una qualche entità governativa non deciderà di metterci mano?