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I gioielli del Louvre in vendita online: i social sono invasi dai falsi sul furto dell’anno

Dopo il furto al Louvre, il web si scatena tra meme, deepfake e annunci fake. E qualcuno pubblica addirittura falsi annunci in cui vende i gioielli.

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Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

Il “furto dell’anno” al Louvre è diventato un caso globale, ma la notizia va oltre la sua gravità. Se non bastasse già il clamore provocato da un colpo da 88 milioni di euro, con otto gioielli spariti dal museo più famoso del mondo e un’ondata di fake news che si diffonde più veloce delle indagini, anche i social ci hanno messo il carico. E si sono trasformati in un labirinto di bufale, fotomontaggi, deep fake realizzati con l’AI. E addirittura di tentativi fraudolenta di vendita.

Il furto al Louvre da 88 milioni di euro e la caccia ai ladri

La storia ormai la conosciamo bene. Nella notte tra il 18 e il 19 ottobre, una banda di professionisti del crimine è riuscita a portare via otto preziosi appartenuti a Napoleone III, custoditi ovviamente nel museo parigino.

Un colpo fulmineo, che è durato soltanto sette minuti, ma che è stato capace di far tremare la direzione del Louvre, la Francia e il mondo intero. Il valore complessivo degli oggetti trafugati – tra diamanti, perle e montature d’oro – è stato stimato in circa 88 milioni di euro, ma il danno reale è inestimabile visto che si è andato ad intaccare il patrimonio del museo più famoso al mondo.

Gli inquirenti (oltre 100 agenti sono al lavoro sul caso) non escludono che i ladri possano avere già contatti con acquirenti privati o intermediari internazionali. L’ipotesi più temuta è quella del “riciclaggio artistico”: i gioielli potrebbero essere smontati, fusi o venduti pezzo per pezzo, rendendo impossibile recuperarli nella loro forma originale.

Vinted, deepfake e teorie virali: il lato oscuro della rete sui gioielli rubati al Louvre

Ma, mentre la polizia lavora in silenzio, sul web si è già scatenata la solita corsa alle teorie più o meno del complotto e ai sospetti. E la storia è degenerata nel modo più prevedibile: con la comparsa, su Vinted e altri marketplace online, di annunci di chi prova a vendere presunti “gioielli del Louvre” a poche decine di migliaia di euro.

Negli ultimi giorni, le piattaforme social sono state inondate da immagini dei gioielli rubati mostrati “in vendita” online, con prezzi che vanno dai 20mila ai 30mila euro. In molti casi si tratta di evidenti fotomontaggi o di immagini generate dall’IA, in altri di utenti che, per scherzo o per visibilità, hanno pubblicato annunci falsi a proprio nome.

Sono palesi fake, ma il risultato è una bolla di disinformazione che se da un lato diverte alcuni utenti, dall’altro ne confondi e disorienta tantissimi altri. Anche perché alcuni post sono diventati virali nel giro di poche ore, rilanciati da influencer e profili satirici, ma anche da utenti in buona fede convinti di aver trovato una “pista” utile alle indagini. L’effetto è paradossale: mentre le autorità stanno lavorando sul caso alla ricerca di prove concrete, internet moltiplica le copie digitali dei gioielli, rendendo più difficile distinguere tra realtà e invenzione.

A peggiorare la situazione ci sono i video generati dall’intelligenza artificiale. Sui social circolano clip iperrealistiche che mostrano presunte riprese di sicurezza del furto, affiancate alle più satiriche e ben improbabili scene in cui la Gioconda scende dal quadro per salvare una corona. Alcune di queste produzioni, create con software di ultima generazione come Sora o Runway, sono talmente realistiche da ingannare anche gli utenti più esperti.

Ad ogni modo, quello che si alimenta è un vero e proprio cortocircuito tra informazione e intrattenimento. Il Louvre, intanto, ha chiesto ufficialmente la collaborazione delle principali piattaforme social per rimuovere i contenuti falsi e proteggere l’immagine del museo, ma la diffusione dei video è ormai fuori controllo.

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