I peggiori posti dove ripararsi dopo una bomba nucleare

Un nuovo studio ha cercato di chiarire dove è meglio cercare riparo in caso di un attacco nucleare.

31 Gennaio 2023
Fonte: 123RF

Ogni giorno, telegiornali e quotidiani ci riportano il dramma che sta colpendo da quasi un anno l’intera Ucraina. E purtroppo la parola nucleare si riaffaccia periodicamente nei discorsi più minacciosi che giungono dalla Russia. La speranza, ovviamente, è che quelle pronunciate restino solo parole usate come forme di deterrenza e che non si traducano mai in decisioni militari fattive. Tuttavia, si è già assistito alla corsa alla realizzazione dei bunker sotterranei e sapere come comportarsi in situazioni di emergenza è più prezioso che mai.

Per esempio, ci sono degli ambienti in cui è meglio trovare riparo per sopravvivere dopo una bomba nucleare mentre altri posti sono assolutamente da evitare. Uno studio recente, riporta ‘IFL Science’, si è occupato specificatamente di capire quali siano i punti migliori e quelli peggiori per rifugiarsi in caso di attacco. Innanzitutto, la sopravvivenza è praticamente impossibile nell’area direttamente colpita dall’eventuale ordigno e nelle zone adiacenti.

Le possibilità, invece, aumentano a mano a mano che ci si allontana dal punto dell’esplosione e i luoghi chiusi possono essere ripari essenziali. Attraverso modelli ricostruiti al computer, è emerso che i fabbricati in cemento più robusti risultano sufficientemente solidi da reggere all’onda d’urto. Al loro interno, gli ambienti più piccoli e gli spazi in corrispondenza degli angoli possono dare maggiore protezione.

D’altra parte, alcuni punti si sono rivelati molto più pericolosi di altri: per esempio, sono da evitare le aperture, quindi è bene tenersi alla lontana da finestre, corridoi e porte. Uno spazio come l’armadio, dunque, risulta essere l’ideale per rifugiarsi in condizioni di emergenza. Ovviamente, l’onda d’urto che segue un’esplosione è solo il primo e più immediato dei problemi scatenati dal nucleare. Una volta sopravvissuti a questa primissima fase, occorre gestire e contenere l’esposizione alle radiazioni che, come gli incidenti negli decenni passati hanno dimostrato, può durare anche anni.

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