Il trucco per non finire nella trappola del deepfake: cosa non devi fare nei video che pubblichi sui social

Dai social all’intelligenza artificiale, la linea è sottile: scopri come evitare che i tuoi video finiscano nella rete dei deepfake.

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Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

I social network sono ormai da almeno un ventennio uno spazio importante della nostra identità digitale ma, se ci permettono di essere sempre connessi possono al contempo trasformarsi in una terribile arma – specie quando i nostri dati vengono messi nelle mani dell’intelligenza artificiale. Su tutto, a farci preoccupare particolarmente sono i deepfake, ovvero video-cloni digitali che sono in grado di replicare quasi perfettamente la nostra voce, il nostro volto e i nostri gesti con una precisione inquietante. Ma come fare per difendersi da questa trappola? C’è qualche trucco che può aiutarci!

Dentro la sfida del deepfake

Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Il 23 e 24 ottobre, abbiamo partecipato a Zing, il grande evento sull’innovazione organizzato da Var Group al Palacongressi di Rimini. Un laboratorio di idee in cui intelligenza umana e artificiale si sono incontrate per discutere del futuro del digitale e anche sui rischi per la nostra vita quotidiana.

Una delle esperienze più coinvolgenti è stata proprio la Deepfake Challenge, una sfida pensata per far toccare con mano a tutti cosa significhi essere “clonati” da un’intelligenza artificiale.

Durante la challenge, i partecipanti sono stati invitati a registrare un breve video di pochi minuti, sufficienti affinché un software potesse catturarne le movenze, la gestualità, l’accento e persino le micro-espressioni del volto. Poi, tutto è stato elaborato dall’intelligenza artificiale per creare un avatar digitale perfettamente realistico, in grado di dire qualsiasi cosa — anche frasi mai pronunciate.

Bastano infatti pochi secondi di materiale per costruire un clone virtuale credibile. E se in un contesto come Zing l’obiettivo è essenzialmente educativo, nel mondo reale lo stesso meccanismo può diventare un pericoloso strumento di manipolazione.

Come funziona un deepfake (e perché è così pericoloso)

Abbiamo imparato che un deepfake è un contenuto video o audio generato da un modello di intelligenza artificiale in grado di imitare quasi alla perfezione una persona reale, facendole dire o fare cose che non ha mai detto o fatto.

Per ottenere un risultato credibile, l’AI ha bisogno di molti video in cui il soggetto appare in buona luce, con il volto frontale e poche variazioni espressive. In pratica, più un creator è “pulito” e statico davanti alla telecamera, più diventa semplice per l’algoritmo clonarlo.

Non serve essere celebrità o vipponi del mondo dello spettacolo: chiunque pubblichi video frequenti su un canale come TikTok, YouTube o Instagram fornisce involontariamente alla rete una miniera di dati biometrici.

I trucchi per ingannare l’intelligenza artificiale e non cadere vittima dei deepfake

La prima regola per non cadere vittima dei deepfake è semplice: più sei umano, meno sei copiabile. Il deepfake ama infatti la perfezione, i volti ben fissi, le luci uniformi e le voci lineari. Tutto ciò che è “disordinato” o spontaneo lo manda in confusione.

Per questo, quando in rete pubblichiamo contenuti video nei quali siamo protagonisti, l’importante è seguire una serie di regole. A partire dalla necessità di muoverci mentre parliamo, cambiando angolazione, girando la testa e spostando lo sguardo. Se riusciamo anche a gesticolare (e a noi italiani viene particolarmente semplice), è ancora meglio, dato le mani – presenti in campo – aggiungono complessità al movimento e possono ingannare l’intelligenza artificiale.

Quanto alla voce, è importante non mantenere lo stesso ritmo, cambiare tono e anche la velocità. E, inoltre, aggiungere risate, colpi di tosse e altri elementi imprevedibili riesce ad aggiungere elementi che mandano in confusione il sistema. In generale, possiamo affermare che le espressioni buffe o improvvise siano il peggior incubo di un algoritmo. Per questo, evitiamo anche di pubblicare contenuti che ci mostrino sempre in primo piano, magari con luci perfette ed espressioni statiche.

In poche parole: le “imperfezioni” costringono l’intelligenza a “riempire i buchi”, generando errori visibili nel deepfake prodotto. Meno un prodotto è standard e instagrammabile – più è “autentico” – meno possibilità ci sono che si possa creare un nostro deepfake perfetto.

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