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Imprecare ci rende più felici e più forti: il linguaggio scurrile ha due effetti sul tuo corpo

Hai sbattuto il piede e ti è partito un “vaffa”? Bene così: imprecare ti rende più forte. E la scienza ti dà pure ragione!

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Giuseppe Guarino

Giuseppe Guarino

Giornalista

Ph(D) in Diritto Comparato e processi di integrazione e attivo nel campo della ricerca, in particolare sulla Storia contemporanea di America Latina e Spagna. Collabora con numerose testate ed è presidente dell'Associazione Culturale "La Biblioteca del Sannio".

Hai sbattuto il mignolo contro lo spigolo del letto e dalla tua bocca è uscito un fiume di improperi, parolacce, insulti e magari anche qualcosa di più? Bene, sappi che non sei solo: milioni di persone imprecano quotidianamente, e non solo per frustrazione o rabbia, ma perché fa bene. E se pensi che sia solo una credenza popolare, sappi che anche la scienza è arrivata a confermare ciò che il nostro istinto ci suggerisce da sempre. Andiamo a scoprire insieme il perché.

Il potere terapeutico del turpiloquio (non dirlo alla nonna)

Andiamo con ordine e partiamo dal principio. Il professor Richard Stephens, psicologo dell’Università britannica di Keele, ha deciso di prendere sul serio quella che molti considerano solo una cattiva abitudine.

E sapete cosa ha scoperto? Che le parolacce, pronunciate con convinzione e nel momento giusto, possono renderci fisicamente più forti. Non è una metafora da coach motivazionale – è scienza, ragazzi!

In due esperimenti separati, Stephens ha messo alla prova un gruppo di giovani volenterosi. Nel primo, 29 ragazzi sono stati fatti pedalare sotto sforzo per 30 secondi. Alcuni di loro potevano imprecare liberamente, mentre gli altri dovevano limitarsi a descrivere un tavolo con parole innocue come “marrone” o “massiccio“. I risultati? I bestemmiatori della bici hanno prodotto una potenza media superiore di 24 watt. Per chi non fosse esperto di ciclismo: è come se a una parolaccia pronunciata ogni tanto corrispondesse una spinta extra sui pedali.

Nel secondo esperimento, altri 52 giovani hanno affrontato il cosiddetto “handgrip test“, cioè una semplice prova di stretta di mano. Anche qui, chi aveva licenza poetica per insultare ha esercitato una pressione di 2,1 chilogrammi in più rispetto ai colleghi educati. Insomma: parolaccia batte “marrone” due a zero.

Più forza, meno spiegazioni (ma chi se ne importa?)

Se andiamo a scoprire davvero cosa succede, la faccenda si fa molto interessante. Perché, al contrario di emozioni come la paura o l’ansia – che attivano recettori specifici come quelli dell’adrenalina – il turpiloquio sembra bypassare ogni spiegazione neurochimica nota. Non scatena ormoni, non aumenta i battiti, non fa partire razzi chimici nel cervello. Semplicemente… funziona.

Stephens e colleghi si sono trovati di fronte a un piccolo mistero: il corpo reagisce alle parolacce come se fossero un incantesimo energizzante. Come se gridare “#%&!” ci autorizzasse, momentaneamente, a superare i nostri limiti fisici.

Si tratta di un’ipotesi non ancora dimostrata, ma che rivela che imprecare innesca una forma di disinibizione, rimuovendo i freni inibitori del corpo e della mente. Un’altra suggestione è che si tratti di una risposta evolutiva: in situazioni di dolore o emergenza, chi urlava più forte (e magari con più creatività) attirava aiuto o incuteva rispetto.

Ma anche senza sapere esattamente come funziona, è rassicurante sapere che urlare parolacce non è solo uno sfogo, ma un booster energetico gratuito e immediato. Altro che integratori.

E non finisce qui: ci sono indizi che il turpiloquio abbia anche un effetto positivo sull’umore. Sì, oltre a darti il +2 alla forza di presa, dire parolacce può funzionare come valvola di sfogo emozionale. Un piccolo urlo liberatorio, un micro-catartico “vaffa” che ti permette di tirare avanti nella giornata con un sorriso un po’ più largo!

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