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Anguilla al cenone di Capodanno? Perché sempre più esperti dicono no: il retroscena amaro che non possiamo ignorare

Dietro uno dei piatti simbolo delle feste si nascondono criticità che pochi conoscono davvero.

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

Content Specialist

Ha conseguito un Master in Marketing Management e Google Digital Training su Marketing digitale. Si occupa della creazione di contenuti in ottica SEO e dello sviluppo di strategie marketing attraverso canali digitali.

Per molte famiglie italiane, soprattutto nel Centro e nel Sud, l’anguilla (o il capitone) è da sempre uno dei simboli del cenone di Capodanno. Un piatto carico di tradizione, legato a rituali antichi e a una cucina che profuma di memoria. Eppure, negli ultimi anni, qualcosa sta cambiando. Sempre più esperti, chef e ambientalisti invitano a rivedere questa consuetudine, sollevando interrogativi che vanno ben oltre il gusto o la superstizione. Dietro quel piatto che arriva fumante in tavola, infatti, si nasconde un retroscena complesso e spesso ignorato, fatto di problemi ambientali, sofferenze animali e criticità che oggi è sempre più difficile fingere di non vedere.

La tradizione che pesa sull’ambiente

L’anguilla europea è una specie affascinante, con un ciclo vitale unico e misterioso. Proprio per questo è anche estremamente vulnerabile. Negli ultimi decenni, le popolazioni di anguille hanno subito un crollo drammatico, tanto da essere oggi considerate a rischio critico di estinzione. Il numero di giovani esemplari che riescono a raggiungere le coste europee è solo una minima parte rispetto al passato.

Continuare a consumare anguilla, soprattutto durante periodi di forte domanda come le festività, contribuisce a esercitare una pressione ulteriore su una specie già in grave difficoltà. È uno di quei casi in cui la tradizione entra in conflitto diretto con la tutela della biodiversità.

Un pesce che assorbe l’inquinamento

C’è poi un altro aspetto che riguarda non solo l’ambiente, ma anche la salute. L’anguilla è un pesce molto grasso, e proprio per questa sua caratteristica tende ad accumulare nel tempo sostanze nocive presenti nell’acqua. Molti esemplari vengono pescati in zone fortemente inquinate, dove altri pesci non riescono nemmeno a sopravvivere.

Questo significa che, insieme al sapore intenso, possono finire nel piatto anche residui di contaminanti ambientali. Un dettaglio che rende l’anguilla una scelta tutt’altro che ideale, soprattutto in un periodo in cui si cerca di mangiare con più attenzione.

Allevamenti e condizioni di vita discutibili

Quando la pesca non basta più a soddisfare la domanda, entra in gioco l’acquacoltura. Ma anche qui emergono criticità. Le anguille allevate vivono spesso in vasche sovraffollate, in ambienti che non permettono loro di esprimere comportamenti naturali.

Non solo: una volta destinate alla vendita, vengono spesso mantenute vive in spazi ristretti per giorni, in attesa di essere cucinate. Una pratica che solleva seri interrogativi etici sul benessere animale e che mal si concilia con l’idea di festività improntate al rispetto e alla convivialità.

Uno dei punti più controversi riguarda le modalità di uccisione dell’anguilla, da sempre descritte anche nei ricettari tradizionali come particolarmente crude. Tecniche che prevedono colpi, decapitazioni o l’immersione in acqua bollente quando l’animale è ancora vivo. È un aspetto che sempre più persone trovano difficile da accettare, soprattutto in un momento come quello natalizio, che dovrebbe richiamare valori di empatia e attenzione verso gli esseri viventi.

Anguilla o capitone: la distinzione che non cambia il problema

Spesso si sente dire che anguilla e capitone siano cose diverse. In realtà, si tratta della stessa specie in fasi o condizioni diverse: il capitone è generalmente la femmina, di dimensioni maggiori, mentre l’anguilla è il maschio o un esemplare non ancora maturo. Una distinzione interessante dal punto di vista biologico, ma che non modifica la sostanza della questione. In entrambi i casi, si parla di una specie in forte declino, la cui sopravvivenza è messa seriamente a rischio.

L’appello della cucina consapevole

Negli ultimi anni anche il mondo dell’alta cucina ha iniziato a prendere posizione. Alcuni chef di fama internazionale hanno invitato apertamente a eliminare l’anguilla dai menù festivi, sottolineando come la gastronomia moderna debba assumersi la responsabilità di proteggere le specie minacciate. Rinunciare all’anguilla, oggi, significa reinterpretare la tradizione e scegliere alternative più sostenibili, capaci di rispettare l’ambiente senza sacrificare il piacere della tavola. Il cenone di Capodanno resta un momento speciale, carico di significati. Proprio per questo può diventare l’occasione per compiere una scelta diversa.

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