A Gerusalemme gli archeologi trovano la 'vera acqua santa': è la stessa citata nei vangeli

Un ritrovamento monumentale nel cuore di Gerusalemme riporta alla luce un’acqua speciale menzionata nei Vangeli.

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Alessia Malorgio

Alessia Malorgio

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Ogni anno, a Gerusalemme nuove scoperte archeologiche riportano alla luce frammenti di un passato che intreccia storia, fede e mito. L’ultima notizia arriva dal City of David National Park, dove gli studiosi hanno riportato alla luce una struttura monumentale capace di cambiare la percezione di un luogo già carico di significati religiosi: una diga antica quasi 2.800 anni, costruita per raccogliere e incanalare l’acqua.

Sorge a pochi passi dalla piscina di Siloam, lo stesso bacino citato nel Vangelo di Giovanni, dove Gesù avrebbe restituito la vista a un uomo cieco. Secondo il racconto evangelico, Cristo avrebbe applicato del fango sugli occhi del malato e gli avrebbe chiesto di lavarsi proprio in quelle acque, che da allora sono rimaste un simbolo potente di guarigione e rinascita.

Una scoperta che unisce fede e ingegneria

La diga appena portata alla luce non è un semplice muro di pietra: si tratta di un’opera ingegneristica colossale, dalle dimensioni impressionanti. È alta circa dodici metri, lunga oltre venti e larga otto. In pratica, un vero gigante di pietra nel cuore di Gerusalemme antica. Gli studiosi la considerano la più grande e antica diga mai scoperta nella città, datandola con una precisione sorprendente: tra l’805 e il 795 a.C., epoca dei re biblici Ioas e Amasia.

A permettere una datazione così accurata sono stati rametti e fibre vegetali intrappolati nella malta, analizzati con tecniche avanzate che hanno consentito di restringere l’arco temporale a soli dieci anni. Un dettaglio che rende questa scoperta ancora più straordinaria.

Un rimedio antico alla crisi climatica

Ma perché costruire una simile struttura in quella zona? Gli archeologi dell’Israel Antiquities Authority spiegano che la diga era parte di un sistema pensato per fronteggiare i repentini cambiamenti climatici dell’epoca. La regione attraversava periodi di siccità alternati a violenti nubifragi, e serviva un modo per gestire al meglio l’acqua.

Il sistema raccoglieva le acque della sorgente di Ghihon – la principale fonte idrica della Gerusalemme antica – e quelle delle piene improvvise che scendevano lungo la valle. In questo modo non solo si garantiva un approvvigionamento costante durante i mesi più aridi, ma si limitavano anche i danni delle alluvioni. In altre parole, una risposta ingegnosa e visionaria a un problema che oggi definiremmo “crisi climatica”.

Il fatto che questa diga sia emersa proprio accanto alla piscina di Siloam conferisce alla scoperta un valore simbolico enorme. È qui che, secondo il racconto evangelico, avvenne uno dei miracoli più noti di Gesù: “L’uomo che si chiama Gesù fece del fango, me lo mise sugli occhi e mi disse: va’ a Siloam e lavati. Io andai, mi lavai e ci vidi di nuovo” (Gv 9, 10-11).

Il parere degli esperti

Eli Escusido, direttore dell’Israel Antiquities Authority, ha definito la diga una delle scoperte più imponenti mai fatte risalenti al periodo del Primo Tempio. Secondo lui, Gerusalemme custodisce ancora molti segreti sotto il suo suolo e ogni scavo potrebbe rivelare pezzi mancanti del suo mosaico storico.

Gli studiosi del Weizmann Institute che hanno collaborato agli scavi parlano di una scoperta “senza precedenti”, capace di illuminare non solo l’ingegneria antica ma anche il contesto sociale di una città che, già allora, cercava soluzioni innovative per sopravvivere in un ambiente difficile.

Non è la prima volta che Gerusalemme offre rivelazioni sorprendenti. Nella stessa area, sono emersi resti di un antico giardino vicino alla Basilica del Santo Sepolcro, considerata il cuore del cristianesimo. Poco dopo è stato trovato anche un raro conio, battuto poco prima della distruzione del Secondo Tempio.

La nuova scoperta della diga rafforza questa sequenza di ritrovamenti, confermando il ruolo unico della città: un luogo dove archeologia e fede si intrecciano, restituendo al presente echi di un passato che continua a parlare.

Con la “vera acqua santa” quel popolo di quasi tremila anni fa affrontava già le sfide di un clima mutevole, costruendo opere ingegneristiche per proteggersi e sopravvivere. La diga di Siloam collega la Bibbia alla scienza, il sacro alla quotidianità, e soprattutto ricorda che l’acqua – dono fragile e prezioso – è sempre stata al centro della storia dell’umanità.

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