L’Universo continua a sorprendere anche gli osservatori più esperti, e questa volta lo fa mettendo alla prova una delle teorie più affascinanti della relatività generale. Un team internazionale di astronomi ha infatti ottenuto la prima osservazione diretta e convincente del trascinamento dello spazio-tempo, noto come effetto Lense-Thirring, prodotto da un buco nero in rapida rotazione. Lo studio, pubblicato su Science Advances, conferma una previsione formulata da Albert Einstein oltre cento anni fa, rimasta finora priva di riscontri così chiari in ambito astrofisico.
- La stella distrutta che ha rivelato il segreto
- Il segnale che non avrebbe dovuto esistere
- Einstein alla prova del Cosmo
- Come è stato catturato il vortice relativistico
- Una nuova finestra sui buchi neri
- Il cielo come promemoria di meraviglia
La stella distrutta che ha rivelato il segreto
Al centro della scoperta c’è AT2020afhd, un evento di distruzione mareale, un fenomeno astronomico che avviene quando una stella si avvicina troppo a un buco nero, soprattutto se supermassiccio e viene letteralmente fatta a pezzi dalla gravità. Dopo la distruzione, la materia stellare ha formato un disco incandescente e instabile, accompagnato da un potente getto relativistico. Analizzando le emissioni X e radio, gli scienziati hanno individuato un’oscillazione regolare, con un periodo di circa 20 giorni, impossibile da spiegare con i modelli energetici noti.
Il segnale che non avrebbe dovuto esistere
Le variazioni periodiche osservate nelle emissioni hanno subito attirato l’attenzione dei ricercatori. Il disco e il getto sembravano muoversi all’unisono, come se fossero collegati da una forza invisibile. Questa danza sincronizzata ha portato a una conclusione sorprendente: non era la materia a oscillare da sola, ma lo spazio-tempo stesso a essere trascinato dalla rotazione del buco nero. Una firma inequivocabile del frame-dragging, uno dei pilastri della relatività generale, osservata per la prima volta in modo così netto in un sistema cosmico estremo.
Einstein alla prova del Cosmo
Il fenomeno del trascinamento dello spazio-tempo fu teorizzato da Einstein già nel 1913 e formalizzato da Josef Lense e Hans Thirring nel 1918. Tuttavia, osservarlo direttamente è sempre stato estremamente difficile. In questo caso, la combinazione di dati e modelli ha reso la prova quasi inconfutabile. Il co-autore Cosimo Inserra, della Cardiff University, ha spiegato che il buco nero agisce come una trottola cosmica, capace di trascinare con sé il tessuto stesso dell’Universo, influenzando tutto ciò che gli orbita vicino.
Come è stato catturato il vortice relativistico
Per ricostruire il fenomeno, il team ha utilizzato i dati del Neil Gehrels Swift Observatory per le emissioni X e quelli del Very Large Array per i segnali radio. L’analisi combinata ha permesso di seguire l’evoluzione dinamica del disco e del getto, rivelando la presenza di un vero e proprio campo gravitomagnetico generato dalla rotazione del buco nero. Anche la spettroscopia ha giocato un ruolo chiave, offrendo nuovi indizi sulla composizione e sulla struttura della materia stellare distrutta.
Una nuova finestra sui buchi neri
Questa scoperta apre prospettive inedite nello studio dei buchi neri. Comprendere il trascinamento dello spazio-tempo significa poter misurare con maggiore precisione la loro rotazione, chiarire l’origine dei getti relativistici e migliorare i modelli sull’evoluzione degli eventi di distruzione mareale. Ma c’è anche un valore simbolico: dopo più di un secolo, una delle intuizioni più profonde di Einstein trova finalmente una conferma osservativa spettacolare.
Il cielo come promemoria di meraviglia
Oltre al successo scientifico, la scoperta ricorda quanto il Cosmo sia ancora capace di stupire. Una stella distrutta, osservata a milioni di anni luce di distanza, è riuscita a mostrare un vortice nello spazio-tempo che fino a ieri esisteva solo nei libri di fisica teorica. Un segnale potente che dimostra come, osservando il cielo con attenzione, sia ancora possibile assistere a fenomeni straordinari e riscrivere la nostra comprensione dell’Universo.