Mangi il gelato dopo una delusione d'amore? Il motivo scientifico

Sprofondare nelle vaschette di gelato dopo la fine di una relazione è un fenomeno che la scienza ha studiato. Ecco le risposte che ha fornito.

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Questa volta sembrava potesse durare per sempre, era la storia d’amore sognata sin dalla più tenera età, ma l’incantesimo si è spezzato e un’altra relazione è naufragata. Il dolore è immenso, e affogare i dispiaceri in una vaschetta di gelato è l’unica cosa che sembra momentaneamente alleviare la sofferenza. Gli amici lo sanno bene e si presentano a casa con i nostri gusti preferiti: un paio di cucchiaini a portata di mano e che la serata a base di lacrime e zuccheri abbia inizio. Ma vi siete mai chiesti perché dopo una delusione d’amore ci si butta proprio sul gelato? C’è un motivo scientifico dietro tutto questo.

Il dardo di Cupido è una vera e propria siringa fatta di dopamina, norepinefrina, adrenalina e altre sostanze chimiche che insieme provocano enorme piacere e legame emotivo. Addirittura, uno studio del 2010 ha evidenziato che l’amore si comporta come gli antidolorifici o sostanze illecite come la cocaina.

Il professore di Neurobiologia Gert ter Hors ha spiegato che le aree del cervello responsabili delle emozioni e della sofferenza emotiva regolano anche come mangiamo. Il mal d’amore inizialmente fa passare l’appetito, ma dopo fa sì che le persone desiderino cibo di conforto. Inoltre lo psicologo alimentare Jen Batemen ha dichiarato che coloro che nel proprio passato hanno ricevuto del gelato per essere tirati su di morale è più facile che lo cerchino dopo una rottura. Esattamente come l’amore, il gelato ci dà una scarica di dopamina, che è intimamente legata al centro di ricompensa del cervello.

L’importante è non eccedere con le dosi, perché altrimenti dopo poche settimane non solo saremo single, ma ci guarderemo allo specchio correndo il rischio di non piacerci nemmeno più e a quel punto sarà dura riprendere il controllo della situazione e tirarci su dagli abissi della tristezza nei quali siamo sprofondati. Ricordiamoci però quel che cantavano i Neri per caso: “Si può amare da morire, ma morire d’amore no”.

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